Nuove regole per la privacy su Instagram, in un pacchetto di policy che entrerà in vigore dal prossimo 16 gennaio. Ad una prima analisi, le modalità di raccolta e trattamento di contenuti e dati personali non risultano molto diverse da quelle nello scorso agosto, a poche settimane dalla chiusura delle operazioni di acquisizione da parte del gigante Facebook.
Ma la piattaforma di photo sharing è ora inglobata nell’impero in blu, un dettaglio di mercato che ha portato ad un nuovo aggiornamento nelle policy relative alla privacy. Nella sezione dedicata alla condivisione delle informazioni, Instagram prevederà il trasferimento di contenuti e dati personali verso il gruppo di cui fa ora parte .
Non solo materiale e dati appartenenti ai vari account, ma anche tutte quelle informazioni contenute nei cookie o legate alla geolocalizzazione e ai numeri identificativi dei singoli dispositivi mobile . Persino i commenti che gli utenti di Instagram rilasceranno sulle pagine di altri profili sul sito di photo sharing.
Le nuove privacy policy di Instagram non hanno certo sorpreso gli osservatori nel panorama high-tech , soprattutto dopo l’abbandono da parte di Facebook del meccanismo di votazione popolare per eventuali cambiamenti alla sua governance . Tra le nuove policy di Facebook, proprio la condivisione di informazioni con società controllate, tra cui Instagram . Ma, soprattutto, la prospettiva agita non poco gli animi: Instagram si riserva di fatto la possibilità di cedere informazioni utili agli investitori pubblicitari, di fatto monetizzando foto e interazioni dei suoi utenti. Una “necessità” inevitabile per un servizio gratuito, che deve monetizzare in qualche modo la smania fotoamatoriale degli iscritti.
Con questa sorta di ponte tra i due siti, Facebook e Instagram, che accomunano la strategia industriale, gli “affiliati” di Instagram potranno sfruttare le informazioni degli utenti per “migliorare i propri servizi”, fornendo esperienze di consumo più rilevanti e personalizzate. Per molti , Facebook avrebbe compiuto ulteriori passi in avanti verso un ecosistema di servizi digitali molto simile a quello di Google.
Mauro Vecchio