L’accusa è nientemeno che “frode fiscale”: secondo le autorità di Copenaghen, Intel avrebbe violato le leggi in materia di tassazione delle transazioni, avendo venduto a se stessa o a società da lei controllate o collegate beni a prezzi inferiori a quelli di mercato. Riuscendo così a pagare tasse inferiori a quelle dovute.
Secondo le leggi danesi, un’azienda ha il diritto di commerciare con se stessa ma è obbligata a farlo al prezzo di mercato: “Vendendo in perdita beni ad aziende straniere affiliate a un gruppo, la Danimarca perde imposte – spiega il professor Aage Mikkelsen, esperto di tassazione – Le autorità hanno scoperto che in questo modo milioni erano stati spostati oltre frontiera”.
L’ammontare dei capitali occultati, secondo le stime danesi, si aggirerebbe sugli 8 miliardi di corone (poco meno di 300 milioni di euro) pari a 2,5 miliardi di corone di tasse non pagate. Sommando gli interessi, la cifra complessiva che lo stato chiede indietro a Intel è di 3,6 miliardi di corone (135 milioni di euro): una somma importante anche per il più grande produttore di CPU al mondo.
Al momento, Intel non si è ancora espressa sulla intera vicenda.