Nuovo capitolo della saga che vede contrapposti Intel e Advanced Micro Devices: si sono denunciate reciprocamente presso la corte distrettuale del Delaware, entrambe per la gestione delle informazioni nel caso antitrust avocato da AMD contro Intel nel 2005.
Ora Intel ha accusato AMD di non esser stata in grado di mantenere nei suoi schedari (digitali o cartacei) documenti cruciali per il caso, mentre AMD di rimando accusa la rivale di Santa Clara di non essere stata in grado di mantenere e in certi casi presentare prove importanti per il processo.
“È chiaro che AMD ha fallito nella custodia di migliaia di documenti ed email”, ha scritto Intel in un comunicato.
Nel marzo 2007 Intel, dopo aver affermato nella fase istruttoria di avere delle falle nel proprio sistema di archiviazione ( definito da AMD un “aggressivo sistema di auto-cancellazione”), si era imbarcata in un piano concordato con la corte per correggere gli errori commessi in passato e fornire tutti i documenti necessari al procedimento: lo sforzo al chipmaker sarebbe costato decine di milioni di dollari e avrebbe fornito all’avversario 200 milioni di pagine di documenti. Nell’occasione AMD aveva definito il proprio sistema di archiviazione “eccellente”.
Intel ha deciso di contrattaccare e ha sottolineato che proprio “esemplare” non sarebbe questo sistema e che, al contrario, avrebbe tutta una serie di problemi che hanno determinato la perdita di numerosi documenti e email rilevanti.
Ma va oltre alla ripicca , e accusa AMD di aver portato avanti all’insaputa dei giudici un sistema segreto atto a selezionare i documenti da mantenere. Atteggiamento adottato sia in preparazione al processo sia durante, all’insaputa di tutti.
AMD ha respinto le accuse e continuato ad accusare Intel di negligenza “dannosa per il caso”. E continuato, come aveva fatto in passato, ad affermare di mantenere uno schema “esemplare” per l’archiviazione dei documenti: la colpa, continua, dell’assenza di alcuni documenti essenziali sarebbe di Intel che non ha divulgato prove rilevanti per il caso.
Claudio Tamburrino