Intel e altre cinque aziende tecnologiche di primo piano hanno dato il via alla formazione dell’ Open Interconnect Consortium (OIC), organizzazione che opererà con l’obiettivo di sviluppare e favorire l’adozione di uno standard unico per connettere i dispositivi ubiqui della Internet delle cose .
Oltre alla sussidiaria di Intel Wind River, il consorzio può contare sul contributo di Broadcom, Dell, Samsung e Atmel: la finalità dichiarata di OIC è “definire un framework di comunicazioni comune basato su tecnologie standard dell’industria per connettere in wireless e gestire in maniera intelligente il flusso di informazioni tra personal computing e dispositivi IoT (Internet of Things, ndr) emergenti, indipendentemente dal form factor, dal sistema operativo o dal service provider”.
In concreto, i partecipanti a OIC dovranno fornire componenti software e risorse ingegneristiche per la realizzazione di protocolli e specifiche, implementazioni open source di riferimento, un eventuale programma di certificazione da applicare ai singoli prodotti venduti sul mercato.
OIC parla di “possibili soluzioni consumer” della Internet delle Cose come il controllo remoto delle abitazioni e degli elettrodomestici, la collaborazione in azienda tra impiegati e fornitori in visita e via elencando. Con lo sviluppo della tecnologia, poi, la IoT è destinata a investire “mercati verticali multipli” oltre a domotica e aziende “smart”.
Il consorzio OIC ha apparentemente gli stessi obiettivi AllSeen Alliance , partnership tra Qualcomm, Cisco e altri grandi nomi (Microsoft e Linux Foundation inclusi) che mira appunto a standardizzare le interconnessioni tra i dispositivi ubiqui. Ma l’approccio seguito da Qualcomm e sodali non piace a Intel , e la presenza di due gruppi di pressione concorrenti rischia ora di ricreare una spaccatura che periodicamente si presenta in seno all’industria tecnologica come esemplificato, tra le altre cose, dai casi Betamax contro VHS oppure HD-DVD contro Blu-ray.
Alfonso Maruccia