Un chip denominato tri-gate, realizzato con una tecnica 3D che permette di sviluppare verticalmente il flusso di elettroni, per aumentare la densità dei transistor, migliorare le prestazioni e l’efficienza energetica. Un’alternativa alla classica struttura planare bidimensionale che Intel sta portando avanti dal lontano 2002 .
In una configurazione di questo tipo, gli elettroni non viaggiano in un substrato di silicio piatto ma sulle alette posizionate in verticale. Il controllo della corrente viene ottenuto implementando un gate su ognuno dei tre lati. Questo controllo a configurazione “multipla” massimizza le performance del flusso elettrico e velocizza lo switch tra i classici stati On e Off.
C’è voluto diverso tempo per mettere a punto il progetto e la sua economia di scala, ma entro l’anno corrente l’azienda di Santa Clara inizierà la produzione in massa dei tri-gate con processo di lavorazione a 22 nanometri. L’atteso Ivy Bridge sarà il primo chip disponibile in grandi quantità ad adottare questa architettura e offrirà prestazioni a bassa tensione fino al 37 per cento più elevate rispetto ai transistor planari a 32 nm prodotti da Intel. Successivamente il tri-gate verrà utilizzato con le CPU Atom.
I vantaggi di una struttura 3D, inseguita anche da competitor come Texas Instruments , IBM e Matrix , sono sempre stati riconosciuti dai ricercatori, poiché permettono di mantenere il ritmo della Legge di Moore . I transistor tri-gate rappresentano, di fatto, una re-invenzione del transistor, ma qualcuno continua comunque a dichiararsi scettico.
Il costruttore TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing) ha dichiarato ad esempio che non appoggerà la filosofia dei transistor tridimensionali, fino a quando la capacità dei collaudati chip 2D non avrà raggiunto il suo limite massimo. Per la “fonderia” cinese utilizzata da diversi colossi del silicio, la tecnica impiegata in questa prima generazione di transistor tri-gate sarà comunque immatura.
Roberto Pulito