Roma – Riportiamo di seguito il testo dell’ interpellanza che l’on. Donatella Poretti ha presentato ieri al ministro della Giustizia
Premesso che :
– l’esternalizzazione dei servizi di captazione e trascrizione delle intercettazioni non risulta affidata a Telecom o ad altri operatori nel rispetto delle regole europee in materia di appalti, non essendo dubbio (e le cronache recenti raccontano anche di tragedie connesse a tale vicenda) che la magistratura, da anni, non si avvale più – per trascrivere le intercettazioni raccolte nel corso di mesi di indagini – della collaborazione degli organi di polizia giudiziaria posti alle loro dipendenze, ritenendo erroneamente che anche i servizi di trascrizione si pongano al di fuori dell’attività di polizia giudiziaria e, come tali, siano affidabili anche a terzi estranei, mediante contratti di diritto privato.
I magistrati inquirenti continuano a interpretare l’impianto codicistico – che autorizza l’intercettazione solo come mezzo di ricerca della prova (artt. 266 e s.s C.P.P.) ? trattando intercettazioni e trascrizioni come strumenti tesi a ricercare eventuali notizie di reato e ciò è potuto avvenire innanzitutto come conseguenza del mancato intervento dal Ministero della Giustizia e dalla Procura Generale della Corte dei Conti di fronte a violazioni della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici di servizi (direttive CE 2004/17 e 2004/18).
Si è così venuto formando un mercato parallelo di servizi a valore aggiunto, riservato ? almeno nei fatti ? alle sole imprese con sede e capitale esclusivamente italiano: imprese che ricevono annualmente somme ingentissime tratte dal bilancio del Ministero della Giustizia, in evidente violazione anche della normativa vigente in materia di aiuti di Stato alle imprese.
Agendo in tal modo, i magistrati inquirenti si pongono in contrasto con il principio di divisione dei poteri (che è alla base di entrambi gli ordinamenti: italiano ed europeo) secondo il quale l’autorità giudiziaria non può mai procedere d’ufficio per il perseguimento di eventuali reati, ma deve attendere la relativa “notizia”. Questo è reso possibile prevalentemente – se non esclusivamente – attraverso la sistematica ed ulteriore violazione della normativa comunitaria in materia di appalti di servizi.
Si è dunque in presenza di una tipica fattispecie nella quale il diritto comunitario può incidere anche rispetto a situazioni puramente interne ad uno Stato membro dell’Ue: secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, i principi generali enunciati nel Trattato sono assorbiti negli ordinamenti interni e debbono perciò trovare necessaria applicazione anche a situazioni estranee al diritto comunitario.
Il Ministero della Giustizia (direttamente o attraverso le diverse Procure della Repubblica) sembra esser venuto meno all’obbligo di attivare le procedure di evidenza pubblica per l’affidamento all’esterno dei servizi di trascrizione delle registrazioni raccolte nel corso di intercettazioni telefoniche ed ambientali che talvolta durano addirittura per periodi superiori all’anno solare.
per sapere
1) quali misure intenda adottare a seguito delle notizie riportate da numerosi organi di stampa secondo cui la maggior parte delle captazioni di conversazioni telefoniche, anziché essere effettuata direttamente dagli organi di polizia giudiziaria, vengono raccolte da appaltatori individuati attraverso procedure in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria sui servizi, per cui le intercettazioni, così trascritte nei “brogliacci” utilizzati a sostegno delle diverse azioni penali avviate dalle singole Procure della Repubblica, devono ritenersi illegittimamente assunte, captate e raccolte, essendo frutto di atti di affidamento del servizio del tutto contrastanti con la suindicata normativa.
2) Quale fondamento hanno le notizie, a suo tempo riportate dalla stampa (articolo del Settimanale L’ESPRESSO n. 52 del 6 gennaio 2005) e alla luce di quanto recentemente accertato a proposito della illecita raccolta di captazioni telefoniche ed ambientali da parte di diversi soggetti legati alla Telecom, secondo cui sarebbe stata affidata, dal Ministero della Giustizia, a detta compagnia telefonica la costituzione del Centro Nazionale Autorità Giudiziaria (CNAG), con sede operativa in Milano, Via Bettinelli n. 3, quale prototipo di un più ampio progetto di raccolta, conservazione e trascrizione del contenuto di registrazioni telefoniche ed ambientali, effettuate su supporto magnetico od ottico per finalità di ordine giudiziario.
3) Quali misure intenda adottare nei confronti dei magistrati inquirenti che sottopongono ai G.I.P. accuse fondate su opinabili fattispecie di reato (ad es. la notissima “concussione sessuale” individuata da un sostituto procuratore di Potenza) non solamente perché, per lunghi periodi, hanno potuto ordinare ai gestori delle utenze telefoniche di intercettare questa o quella utenza, (imponendo anche l’uso di rilevatori ambientali di conversazioni) ma soprattutto perchè usano imprimere all’uso delle intercettazioni una progressione esponenziale, essenzialmente derivata dalle risultanze delle trascrizioni effettuate di volta in volta, senza seguire né le regole generali della perizia prevista dall’art. 268, comma 7, del Codice di Procedura Penale italiano, né, tantomeno, le disposizioni vigenti in materia di scelta degli appaltatori dei relativi servizi.
4) Se i competenti uffici del Ministero della Giustizia hanno provveduto a segnalare alle competenti procure regionali della Corte dei Conti gli abusi nel disporre le captazioni telefoniche, che ormai producono un giro d’affari che le società telefoniche (prima fra tutte Telecom Italia S.p.a.) maturano annualmente, nei confronti dello stesso Ministero.
5) Se i competenti uffici del Ministero della Giustizia hanno tenuto conto che gli importi di cui sopra non superassero la soglia comunitaria oltre la quale è obbligatorio il ricorso a procedure di gara europea.
6) Se i competenti uffici del Ministero della Giustizia, a fronte dei suddetti importi abbiano mai provveduto ad effettuare un regolare confronto concorrenziale, in ambito europeo, per aprire il relativo mercato a tutte le imprese operanti sul mercato unico.