Roma – Con una imprevista svolta, il Consiglio dei ministri europei della Giustizia ha deciso di dare la possibilità all’Europa di dotarsi di una direttiva sulla data retention che sia condivisa e frutto di un’ampia riflessione in merito. Anche se alcuni paesi, come l’Italia, potranno proseguire con delle scelte che vanno controcorrente, il resto dell’Unione godrà entro tempi brevi di normative frutto di un processo parlamentare europeo.
Il Consiglio ha deliberato di passare attraverso l’Europarlamento anche se non era tenuto a farlo ed anzi alcuni paesi, come il Regno Unito, avrebbero preferito l’iter assai più breve di un accordo extraparlamentare che portasse in tempi rapidissimi ad una nuova direttiva sulla data retention, direttiva che già ha scatenato una protesta europea e che è stata bocciata anche dai garanti europei della privacy.
La scelta del Consiglio non è casuale: alcuni parlamentari europei avevano infatti minacciato di ricorrere alle vie legali qualora i ministri europei avessero preso decisioni autonome. Sarebbe stato un massacro istituzionale secondo i più reso inevitabile dalla delicatezza dell’argomento, quello dell’ intercettazione delle comunicazioni , come viene considerata nell’Unione la data retention.
Che la situazione rimanga tesa lo testimonia un intervento di Charles Clarke, ministro degli Interni britannico, da tempo propugnatore di una normativa molto pesante : Clarke ha lanciato quello che qualcuno ha definito un ultimatum , avvertendo i parlamentari che se entro l’anno non saranno stati compiuti significativi progressi nella preparazione della direttiva allora i ministri europei andranno avanti da soli per la propria strada, che il Parlamento voglia o meno. “Abbiamo semplicemente affermato – ha dichiarato Clarke in una intervista alla BBC – che troveremo un accordo sulle misure per gestire i dati delle telecomunicazioni entro la fine del semestre di presidenza britannico (che scade a fine anno, ndr.). Siamo d’accordo che cercheremo di lavorare con il Parlamento Europeo su questo punto, se potremo”.
La nuova direttiva nasce con alcune indicazioni che possono sorprendere l’utente italiano, sottoposto già ora ad una normativa ben più severa . L’ipotesi che si fa in Europa, infatti, è di chiedere a operatori di telefonia e provider Internet di conservare i dati di traffico per un periodo che va dal minimo di 12 mesi per i dati di telefonia mobile al minimo di 6 mesi per i dati del traffico internet. In tutti i casi non si tratta dei contenuti delle comunicazioni ma di tutto quello che sta loro intorno: interlocutori impegnati nella conversazione, data e ora della stessa, mittente e destinatario di un’email e via dicendo. Diverso il discorso per l’ Italia dove, come ben sanno i lettori di Punto Informatico , la data retention è già partita con il Decreto Pisanu e porta alla conservazione di tutti i dati fino al prossimo 31 dicembre 2007.
In questo senso vale anche la pena sottolineare come la direttiva su cui si va a discutere con ogni probabilità non conterrà dei limiti massimi per l’intercettazione delle comunicazioni ma, come accennato, solo indicazioni sul periodo minimo della retention : questo significa che l’Italia e quei pochi altri paesi, come l’Irlanda, che hanno adottato regimi ben più rigidi di quello che si discuterà a Strasburgo nelle prossime settimane, possono continuare indisturbati sulla propria strada.
Altre indicazioni contenute nella proposta di direttiva riguardano la compensazione per gli operatori relativamente agli oneri che devono sostenere per conservare tutti quei dati: ogni Stato deciderà come e in che forma, e con che somme, rimborsare gli operatori. Inoltre, e questo è un altro punto essenziale, dopo cinque anni dal varo della direttiva questa verrà analizzata e ridiscussa : i suoi risultati verranno passati al setaccio e si potrà così giungere ad una sua revisione.