Negli Stati Uniti finire in carcere è una esperienza tutt’altro che inusitata: dalle statistiche del Dipartimento di Giustizia l’un percento della popolazione è sotto custodia mentre nel libro Going Up The River: Travels in a Prison Nation si afferma che un americano ogni undici venga recluso almeno una volta nel corso della sua vita. Questo perché nel sistema giudiziario a stelle e strisce molti crimini non-violenti vengono puniti con la reclusione e, a giudizio delle associazioni per i diritti civili, sono gli interessi di gruppi privati foraggiati dalla enorme spesa pubblica a impedire riforme in tal senso.
Una simile percentuale di cittadini detenuti ha convinto Adam Lovell a fondare Writeaprisoner.com , una azienda volta a redimere i galeotti grazie ad Internet; ovvio, loro non possono navigare la Rete ma il sito si occupa di gestire una rete di amici di penna (pardon, email) con l’esterno, stampare e recapitare la corrispondenza ricevuta via posta elettronica, coordinare chi dona libri per la loro istruzione e mettere online i curricula lavorativi di chi sia prossimo al rilascio .
Abbiamo detto azienda, e infatti ogni profilo costa 40 dollari l’anno, spesa sostenuta di norma dai familiari o da terzi benefattori, mentre la loro consultazione è gratuita. Lovell dichiara di spendere tutti gli introiti per pubblicizzare l’attività.
Nei confronti del sito non sono mancate controversie e critiche dovute quasi sempre alla messa online dei profili di criminali legati a casi di cronaca particolarmente efferati cui la risposta di massima è rimuoverli, a scanso di manipolazioni della stampa sensazionalista. Altra piaga sono i casi di scam tra internati e corrispondenti esterni : a volte donne libere richiedono al detenuto un contributo in denaro motivandolo col costo di farsi scattare foto da mandargli, salvo invece incassare la somma e tagliare i ponti, addirittura sono frequenti i casi di classiche truffe “nigeriane”. Viceversa alcuni ospiti del penitenziario chiedono denaro a vario titolo adducendo spese inesistenti in quanto tutte le necessità di base sono soddisfatte a titolo gratuito dalla struttura carceraria. La politica di WAP è di sconsigliare transazioni economiche, in particolar modo quando sembrino inusuali e irragionevoli.
In ragione dei grandi numeri coinvolti citati ad inizio articolo e dell’economia che ci gira intorno, esistono molti siti dedicati alla corrispondenza coi reclusi, è possibile rendersene conto già solo spulciando la relativa directory su Yahoo , questo che stiamo trattando però sembra l’unico ad andare oltre e preoccuparsi anche del loro recupero e rieducazione sociale senza limitarsi a capitalizzare sul bisogno di contatto umano di chi si trova, per bisogno o per scelta, sui due fronti della barricata.
Fabrizio Bartoloni
Tutti gli interventi di F.B. su PI sono disponibili a questo indirizzo