Gentile Direttore, rispondo al suo articolo relativo alla mia proposta di legge n. 120 di cui sono primo firmatario, perché è mio dovere fare chiarezza e fugare i legittimi dubbi. Spero altresì che la mia pronta replica venga accolta e pubblicata.
Illustrerò ora in breve le mie osservazioni.
Innanzitutto, non v’è motivo di preoccuparsi. Estrapolando un unico comma (nella fattispecie il primo dell’articolo 32) da un articolato di Legge, è facile cadere in conclusioni affrettate. Nessuno vuole “tassare Internet”. Nell’anno 2006, ciò sarebbe una follia.
La ragione di questo “prelievo” non ce la siamo inventata di sana pianta. Esiste già da tempo in Francia, nazione di cui non si può dire certo che manchi di attenzione alla Cultura ed alle nuove tecnologie. In Francia la chiamano “tassa di scopo” e si applica sui fatturati degli operatori di telecomunicazioni.
Ma il punto, che dovrebbe chiarire i suoi dubbi,è che tale percentuale non viene “estorta”, come sembra dalla sua “opinione”, agli utenti della rete, cioè a noi tutti. È assolutamente fuori discussione l’ipotesi di “tassare” l’utenza di internet!
Ciò che si vuole ottenere è che quella parte di Internet Provider che generano i loro utili di impresa grazie alla commercializzazione di contenuti audiovisivi prodotti da altri, contribuiscano, con una percentuale dei loro fatturati, proprio a quell’industria che tali contenuti produce.
Tale percentuale, oggi ipotizzata nel 3,5% del fatturato, non potrà che essere, naturalmente, oggetto di discussione e confronto proprio con i diretti interessati: gli internet Provider.
Tali risorse, dunque, serviranno ad alimentare una sorta di “circolo virtuoso” del Cinema, andando a toccare tutti gli anelli della filiera cinematografica, dalla produzione alla distribuzione. L’auspicio è quello di generare ulteriori risorse, e raggiungere quindi, col tempo, quell’autonomia finanziaria di cui tutte le “industrie” dovrebbero godere.
È per tale ragione che il meccanismo da me ipotizzato viene chiamato (atecnicamente, non trattandosi affatto di una “tassa” ma solo di una nuova e precisa destinazione di scopo di quanto già esistente) “tassa di scopo”.
Spero di essermi spiegato e di aver sciolto i suoi dubbi e quelli dei suoi lettori. Non è intento mio, né del mio partito, danneggiare o frenare in alcun modo lo sviluppo di Internet, perché credo che esso rappresenti oggi il maggior potenziale strumento di comunicazione. Si tratta più semplicemente di re-indirizzare una quota piccolissima di risorse provenienti dai fatturati di grandi gruppi privati verso un settore, quello del Cinema, che oggi, di fatto, ha ancora bisogno di aiuto.
Cordialmente,
On. Andrea Colasio
www.andreacolasio.it
Gentile onorevole
la ringrazio molto per la risposta e ancor di più per le rassicurazioni che contiene.
Immagino che gli utenti Internet siano felici di sapere che si ritiene “una follia” l’ipotesi di “tassare Internet” e, senza entrare nel merito del senso ultimo dei finanziamenti al cinema o della normativa, è un’affermazione che solleverà, immagino, gli animi di tutti, anche perché proviene da un autorevole esponente dell’attuale maggioranza di governo.
Non posso quindi che augurarmi la cancellazione delle ambiguità contenute nell’interessante proposta sul Cinema di cui andiamo parlando.
È vero, alla “tassa di scopo” si accenna genericamente nella presentazione del PDL, ma il testo del dispositivo nondimeno prevede che ai provider italiani sia sottratto il 3,5 per cento del fatturato lordo “derivante da traffico IPTV, streaming TV e, in genere, da traffico di contenuti di immagini in movimento”.
“Derivante”, trattandosi di provider il cui mestiere è fornire traffico internet, usato per gli scopi più diversi, è in questo caso una terminologia fallace. L’assenza di una dicitura chiara, ad esempio che quel fatturato sia da calcolare esclusivamente sugli introiti dovuti ad abbonamenti specifici a prodotti televisivi commerciali offerti dal provider o ad accordi specifici con produttori televisivi, per dirne due, si traduce inevitabilmente in una tassazione generica sul traffico relativo alle “immagini in movimento”.
Per un provider, senza ulteriori specifiche, quel 3,5 per cento potrebbe essere calcolato su tutto quello che va dall’ospitare direttamente sulle proprie reti servizi di streaming fino al farvi transitare sopra servizi di altri con cui l’ISP abbia rapporti commerciali. Rapporti che possono comprendere molto più del solo transito delle immagini (o del loro “hosting” o altro ancora) e che riportare ad un “fatturato” può risultare difficile o impossibile. Non oso pensare poi ai controlli che tutto questo richiederebbe.
Ciò avviene in mezzo ad una pletora di altri casi in cui si potrebbe ascrivere ad un provider un fatturato “derivante dal traffico delle immagini in movimento”, ivi compresi gli abbonamenti ad Internet dei propri clienti laddove questi utilizzino la propria banda per visionare contenuti (che siano forniti direttamente dal provider tassato o meno, evidentemente, in questo caso poco importa).
I dubbi che le espongo sono quelli che sono stati espressi a Punto Informatico da operatori non secondari nel settore internet e televisivo.
Sul “versante francese”, diciamo così, in molti ammiriamo la Francia per l’attenzione che pone al “nuovo mondo digitale” ma è bene specificare che la legge francese non parla di “immagini in movimento” ma di specifici servizi di televisione pay per view, di video ondemand, di precisi servizi commerciali. Inoltre è vero che “tassa” la filiera ma è anche vero che prevede agevolazioni fiscali, tutt’altro che secondarie, per i produttori di contenuti. Se quello dunque è l’esempio che si vuol seguire, a mio modesto avviso ulteriori modifiche si impongono alla proposta.
Mi consenta infine di sottolineare che quanto pubblicato da Punto Informatico non era una “opinione” ma un articolo descrittivo del sempre maggior interesse che la sua proposta sta riscuotendo, anche per i suoi molti lati pregevoli, per esempio nel cercare di trovare nuove vie alla fin qui nebulosa assegnazione delle provvidenze al cinema.
Noi tutti abbiamo ora la sua parola, e certo non è poco, nel garantire che non vi sarà ricaduta tariffaria sulle connessioni internet derivante dalla sua proposta di legge.
Grazie, certamente è una promessa che non andrà dimenticata.
Un saluto, buon lavoro,
Paolo De Andreis