Roma – Si potrebbe dire che a Tunisi lo sapevamo già: i governi stanno utilizzando lo sterminato patrimonio di informazioni consegnato dalla rete ai fini di un controllo permanente e invasivo degli individui, mentre le aziende ci profilano per scopi di mercato. Non può scandalizzare il navigatore di imbattersi su inquietanti notizie inerenti le violazioni di privacy democraticamente distribuite sul globo, quando in queste aree sono notamente al potere forze conservatrici, se non, peggio ancora, governi teocratici o totalitaristi.
Si pensi al caso Cina, proprio prima del summit di Tunisi (il WSIS ): Yahoo consegna al governo i nomi -ovvero gli indirizzi e-mail- di due giornalisti -nel testo sono reperibili parole come democrazia e libertà, cosa che costituisce reato agli occhi del governo. Dall’altra parte del Pacifico, notizie anche sul fronte statunitense. Il Dipartimento di Giustizia si è messo in testa di proteggere “zelantemente” (fonte: Herald Tribune; virgolettato dal testo) i cittadini dalla pornografia, con una massiccia ed estensiva estensione del Patriot Act.
Non è la prima volta che si richiede presso giudici federali di forzare i motori di ricerca a dare l’accesso a milioni di ricerche private su Internet, tramite parole chiave selezionate ad hoc: ha fatto notizia il rifiuto di Google, mentre AOL, Yahoo e MSN hanno accettato la richiesta. Sotto l’egida della difesa ai minori, per esempio, da tempo si cerca di far passare una legge già bloccata una volta dalla Corte Suprema, ed è curiosa la convergenza tra teo-con statunitensi e integralisti iraniani: anch’essi in nome della lotta alla pornografia hanno chiuso svariati cyber caffee.
In Italia invece la repressione della rete colpisce il p2p sotto la bandiera della lotta alla contraffazione: abbiamo raccolto migliaia di firma sul decreto grande fratello e sulla Urbani; abbiamo fatto un presidio davanti alle ambasciate statunitense e cinese. A segno minimo di protesta civile.
Infatti ciò che si mette in questione sono i diritti civili: alla privacy (profilare i consumatori ha un fantastico potenziale di mercato e d’altro canto i governi, una volta catalogate, possono abusare di queste informazioni per i propri scopi); alla libertà di espressione e non solo: possiamo parlare di diritto d’accesso alla conoscenza e al sapere, principi peraltro riconosciuti come fondanti delle democrazie di cui siamo cittadini, quanto dalla Dichiarazione Universale di Diritti dell’Uomo.
Giornali, società civile, parlamentari, attivisti, intellettuali sono sensibili al tema. Non a caso proprio durante il WSIS, il 18 novembre presso lo stand Italia, abbiamo lanciato la campagna Tunisi Mon Amour . Per una Carta dei Diritti della Rete”.
Intervengono la delegazione ufficiale italiana al completo, Stefano Rodotà, in testa il Ministro Gilberto Gil, fortemente impegnato nel suo paese in politiche di accesso digitale alla cultura; fra i promotori dell’iniziativa Lawerence Lessig e Richard Stallman. Scopo dell’iniziativa sarà fra gli altri introdurre fra gli items della Internet Governance Forum, annunciato a Tunisi da Kofi Hannan col fine di dirimere la questione della governance della rete, quello della creazione di un Bill of Rights of the Net, stimolando il dibattito internazionale: 5 anni, questa la durata del forum che si aprirà a breve ad Atene, per lavorare ad una proposta di carta. Per questo, sostiene Gilberto Gil “lavoreremo insieme con il Brasile e con tutti coloro che nel mondo supportano questa idea”.
D’altra parte anche l’Europa è chiamata ad intervenire nel dibattito, come i governi nazionali di tutto il mondo e la società civile, che potrà partecipare a diversi livelli al forum (ormai acquisito il modello multi-stake holder sperimentato col WSIS). In questi giorni, anche l’Europa risponde all’appello: del 24 gennaio è il lancio della campagna presso il parlamento europeo a Bruxelles promossa a alcuni parlamentari europei impegnati nelle battaglie sulla brevettabilità del software. La questione di una vera e propria costituzione per garantire i diritti dei cybernauti e delle cybernaute (visitatori casuali o assidui della rete) è centrale.
Non si può sostenere nessun tipo di automatismo fra la struttura intrinsecamente decentrata e libertaria di Internet ed il suo uso, specialmente da parte attori con un peso ed un potere di azione quali i governi e le grandi imprese. Anche queste strutture vedono una maggiorata “libertà” di azione nel potenziale della rete: un libertà di controllo e di sfruttamento economico, perfettamente comprensibili in rapporto alla natura ed agli scopi di queste due strutture. Un costituzione, ossia il terzo potere, serve a trovare principi e leggi, diritti e doveri entro i quali gli attori possono muoversi ed orientarsi.
I temi sono caldi, il terreno delicato e sdrucciolevole, l’urgenza elevatissima.
Facciamo un prova insieme per avere un idea concreta di cosa possa significare controllo in rete. Tutti coloro che stanno leggendo l’articolo si mettano nei panni di un motore di ricerca cinese, americano o iraniano. Senza andare troppo per il sottile, immaginiamo di dover intercettare in questo testo parole chiave riferibili ai temi pornografia, democrazia, libertà, terrorismo. Il risultato sarebbe più o meno questo:
pornografia: 3
democrazia:4
libertà: 4
terrorismo: 2 (senza contare i riferimenti al Patriot Act)
Questo testo presenta la “criticità” più alta in merito alle parole democrazia e libertà: ove per criticità è da intendersi “rischio” per la sicurezza (dello stato? Della nazione? Del cittadino? Delle major?): con minimo distacco il pericolo di attentati al rispetto della morale sessuale e in ultima posizione quello di attentati terroristici.
In effetti questo testo è sì ad alto rischio, ma di intercettazione. Transitando tranquillamente attraverso le autostrade telematiche sotto forma di file, grazie alle consenzienti politiche di Yahoo, AOL e MSN, totalmente sdraiati sulle pressioni governative, o dello stesso Google (che pur cerca la contrattazione) può essere intercettato dal Dipartimento della Giustizia americana, o dai governi rispettivamente cinese e iraniano, mentre anche nel vecchio continente assistiamo a pratiche invasive di controllo attraverso la rete.
In coerenza con le logiche repressive e di controllo descritte sopra, è perfettamente naturale che il testo offra lo spunto per un indagine, o peggio per un’azione repressiva (si pensi ai giornalisti cinesi ad oggi in prigione). E non stiamo parlando di una cosa talmente diversa dall’accettare l’idea di una guerra preventiva permanente: l’Iraq avrebbe potuto avere armi di distruzione di massa ed è un nemico della lotta al terrorismo: anche in assenza di una dichiarazione di guerra, o di uno sconfinamento, è stato legittimo invaderlo e bombardarlo in barba al rispetto delle regole e dei trattati internazionali.
Fiorello Cortiana
Oriana Persico
Nota: Punto Informatico ha pubblicato il contributo del senatore Fiorello Cortiana dei Verdi ritenendolo utile al dibattito su argomenti di cui si occupa da sempre. E’ naturalmente interessato e disponibile ad ospitare altri contributi sui temi dei diritti nell’era digitale provenienti da qualsiasi parte politica.
La redazione