Il Presidente uscente Obama potrebbe esprimere la decisione finale sull’attesa transizione dei poteri di controllo delle funzioni IANA ( Internet Assigned Numbers Authority ) dal Dipartimento del Commercio USA alla comunità globale.
Il processo che porterà inizialmente in capo ad ICANN ( Internet Corporation for Assigned Names and Numbers ) le funzioni relative alla gestione dei server dal National Telecommunications and Information Administration (NTIA), è quello che si è aperto con l’annuncio da parte dell’NTIA di voler cedere il controllo sulla gestione dei server DNS e sull’amministrazione dei cambiamenti del root zone file ad ICANN, completando la transizione che ha portato il governo degli Stati Uniti a svolgere un ruolo sempre più marginale nel controllo dell’infrastruttura centrale della rete telematica mondiale.
Si tratta di un accordo particolarmente complesso perché riguarda la gestione tecnico-amministrativa di Internet costituita dalla gestione dei server DNS e dei suoi standard, dei protocolli tecnici e delle risorse legate alle Internet numbering resources: alla base del funzionamento di Internet c’è un accordo continuo sui protocolli di rete e sui formati dei dati e ciò significa che la standardizzazione tecnica è fondamentale. E la scelta di uno standard rispetto ad un altro finisce per influenzare il comportamento delle macchine ed, inevitabilmente, delle persone. A tale questione c’è da aggiungere quella relativa alla gestione e all’assegnazione di risorse come sono i nomi a dominio, gli indirizzi IP ed i protocol port number, tutti limitati ed esclusivi. Pertanto, è un processo che vede il continuo confronto tra interessi e visioni spesso contrastanti: questo scontro si manifesta anche a Washigton, dove nelle scorse settimane il dibattito si acceso sulla questione, soprattutto grazie ad una lettera inviata dal presidente repubblicano del congresso al Commerce Secretary Penny Pritzker e al Procuratore Generale Loretta Lynch, nella quale sottolinea la mancanza di controllo sull’operato di ICANN , i possibili problemi antitrust che ricadrebbero su di essa nel momento in cui non ci fosse più l’intermediazione governativa a stelle e strisce e la questione formale se il contratto IANA costituisca un asset governativo e per essere ceduto serva dunque una esplicita approvazione da parte del Congresso.
Contro tali dichiarazioni si erano schierate diverse aziende ITC tra cui quelle impegnate ne settore dell’infrastruttura Internet e Amazon, Google, Facebook, che a loro volta hanno scritto una lettera ai leader del Congresso a favore del prosieguo del passaggio di poteri: così il dibattito è sfociato presso la società civile con diverse posizioni a favore del passaggio di potere .
Allo stesso modo aveva scritto il Consigliere generale di ICANN cercando di rispondere punto su punto alle obiezioni sollevate e sostenendo in particolare che è ridicolo parlare di leggi antitrust dal momento che ICANN non è impegnata in attività commerciali, come già sostenuto in una causa che l’aveva vista coinvolta sul punto nel 2012.
Nonostante questo, i Repubblicani sembravano alla fine essere riusciti, tramite un blocco dei fondi, a bloccare il Dipartimento del Commercio dal passare le chiavi di Internet.
La palla passa dunque all’Amminsitrazione Obama, che potrebbe permettere la transizione nonostante tale blocco: ad aprire tale strada è un’ opinione ufficiale dello US Government Accountability Office (GAO), che toglie innanzitutto i dubbi sulla questione del contratto IANA sostenendo le ipotesi che non lo considerano come una proprietà del Governo USA , principalmente perché sarebbe difficile considerare i root zone file o il sistema dei nomi a dominio Internet come proprietà governativa.
I tempi nel frattempo stringono: a breve è attesa la decisione di Obama, e gli Stati Uniti devono riferire ad ICANN se intendono rinnovare il contratto attualmente in vigore e che scade il prossimo 30 Settembre. E non sembra essere ancora stata trovata una soluzione ai problemi di responsabilità sollevati nei confronti di ICANN. Un dibattitto che in ogni caso non può rimanere in mano agli Stati Uniti e che riguarda da qualche anno l’intera comunità internazionale e che sta spingendo a ripensare l’intero sistema dell’Internet Governance.
Claudio Tamburrino