Nella puntata precedente era stato Nemertes Research a lanciare l’allarme: la banda Internet, spiegava, potrebbe finire nel 2012. Adesso quell’emergenza rientra, ridimensionata da uno studio dell’Università del Minnesota. Ma nel cielo di Internet se ne affacciano subito di nuove, come quelle legate ai rischi di blackout elettrico globale, ed ai nuovi protocolli P2P. Non tutte però, appaiono ugualmente credibili.
Nel report di Nemertes si sostiene, in particolare, che i tassi di crescita fatti registrare dalle connessioni broadband potrebbero portare problemi sempre più seri per la funzionalità della rete, fino ad un possibile esaurimento della banda nel 2012. Pochi giorni, e un paper dell’istituto dedicato agli Internet Traffic Studies dell’Università del Minnesota (MINTS), ripreso da DSLReports , ridimensiona l’allarme, spiegando che non esistono pericoli reali per l’infrastruttura di rete, e che i dati Nemertes sono “gonfiati”.
Lo studio MINTS, basato sull’analisi di diversi set di dati empirici, documenta come la crescita globale nell’impiego della banda larga si assesti oggi tra il 50 ed il 60% su base annua. Si tratterebbe di tassi molto più circoscritti , cioè, di quelli ipotizzati da Nemertes, secondo la quale l’aumento nella domanda di accesso dovrebbe essere di oltre il 100% per tutti i prossimi sei anni. Di qui la rassicurazione dei ricercatori del Minnesota: in queste condizioni, spiegano, non esistono rischi immediati per la tenuta dell’infrastruttura . Per salvaguardare la quale saranno sufficienti le normali misure di ammodernamento delle apparecchiature hardware.
Ma per un allarme che se ne va, ce n’è subito un altro che arriva. E questa volta a rischiare sarebbe la rete elettrica . Stando ai risultati di una ricerca dell’Università di Melbourne , poi ripresa da Techdirt , il diffondersi delle applicazioni “ad alta intensità di banda”, come streaming e condivisione di file video, potrebbe creare seri problemi alle infrastrutture elettriche dei vari paesi. La ragione è semplice: i nuovi software richiedono per funzionare una quantità di energia sempre maggiore , disegnando traiettorie di domanda che le reti potrebbero in futuro non essere in grado di reggere. Da qui, secondo i ricercatori australiani, il rischio crescente di “colli di bottiglia”, blackout e rallentamenti nell’erogazione dell’energia (e quindi anche dei servizi).
Tuttavia, anche in questo caso la catastrofe potrebbe restare soltanto sulla carta. Come i loro omologhi di Nemertes, infatti, anche i ricercatori australiani partono dal presupposto che la domanda di banda Internet crescerà a tassi annui intorno al 100%. Una previsione che non sembra trovare riscontri negli studi empirici più circostanziati.
Ultimo fronte di emergenza, l’ impiego del protocollo UDP . Proprio in questi giorni, infatti, The Register ha lanciato un allarme intorno alla scelta di µTorrent, noto servizio di file sharing, di rilasciare una nuova versione che impiega il protocollo User Datagram Protocol (UDP) per il trasferimento dei file. Dove sta il problema? Il punto è che, diversamente da TCP, il protocollo UDP non prevede un sistema interno di congestion control , per cui non vi sono auto- limitazioni alla quantità di banda impiegata dall’applicazione. Se UDP fosse impiegato estensivamente dai sistemi di file sharing si ridurrebbe drasticamente lo spazio a disposizione di tutte le altre applicazioni che girano in rete.
Ma anche in questo caso non vi è accordo tra gli addetti ai lavori. Il direttore marketing di µTorrent, Simon Morris, ha bollato come prive di senso le conclusioni dell’articolo di The Register , spiegando che la scelta del protocollo UDP risponde esattamente all’esigenza di diminuire (non di accrescere) la congestione del network.
Giovanni Arata