“Mi sento triste, solo e depresso”. “Sono dipendente. Come potrò mai sopravvivere 24 ore senza?”. “A volte mi sento come morto”. A pronunciare frasi del genere non sono i protagonisti di un romanzo tossico di William S. Burroughs, bensì alcuni dei circa mille studenti studiati dall’ International Center for Media & the Public Agenda presso l’Università del Maryland.
“24 ore senza mezzi di comunicazione” . Questa la sfida lanciata dai ricercatori dell’ateneo statunitense ad un campione di circa mille studenti tra i 17 e i 23 anni, provenienti da diverse parti del mondo. Un’intera giornata senza computer, Internet, videogiochi, programmi televisivi, cellulari . Uno stato di totale isolamento mediatico.
Stress, isolamento, confusione, profonda noia . Questi gli stati psichici osservati nel 79 per cento degli studenti selezionati dall’Università del Maryland, che – anche se non in numero elevato – avrebbero addirittura mostrato pruriti degni davvero di un romanzo di William S. Burroughs.
Stando ai risultati dello studio , il 23 per cento degli studenti argentini ha candidamente ammesso di aver fallito l’esperimento su tutta la linea. I ragazzi che avrebbero mostrato un livello maggiore di dipendenza provengono da Stati Uniti e Cina . Mentre il 36 per cento degli studenti dell’Uganda avrebbe tratto positivi benefici dall’improvvisa disconnessione.
I ricercatori hanno così sottolineato come i vari device mobile siano ormai divenuti una vera e propria estensione dell’esistenza quotidiana dei ragazzi . L’essere connessi 7 giorni su 7 non rappresenterebbe soltanto un’abitudine, ma un cruciale ecosistema in cui gestire la propria vita.
Mauro Vecchio