Roma – Secondo statistiche ufficiose, solo un iPhone su tre di quelli acquistati negli USA è stato poi regolarmente attivato con un contratto AT&T. Anche supponendo che queste informazioni siano esageratamente pessimiste nei confronti delle scelte commerciali di Apple, e volendo mitigarle con dati più ufficiali (anche se molto meno recenti) che parlavano di una situazione a percentuali invertite, possiamo supporre che almeno la metà degli iPhone venduti finora è stato sbloccato.
Le motivazioni di questa situazione sono molteplici: la prima è che fino a poco tempo fa l’iPhone veniva venduto solo negli USA, e chiunque volesse utilizzarlo altrove, con un operatore che non fosse AT&T, era costretto a sbloccarlo. Il secondo motivo è che molti utenti non gradiscono il vincolo del contratto a lungo termine o le formule di abbonamento proposte dagli operatori in accordo con Apple. Infine iPhone, così come l’iPod Touch, è un oggetto dall’elevato potenziale, e fin dalla sua nascita sono stati realizzati software di ogni tipo per espanderne capacità e potenzialità: si va dal terminale Unix a giochi di vario genere, passando per sintetizzatori di strumenti musicali, emulatori di vecchie console (ma anche di Palm) e software che ampliano le funzionalità del telefono proponendo gestori alternativi per gli SMS, o file manager e software per aprire direttamente i file PDF. Tutte queste applicazioni sono installabili solo sbloccando il telefono: fino ad ora Apple non ha ancora fornito ufficialmente la possibilità di installare applicazioni di terze parti nel proprio telefono.
Con l’arrivo di iPhone 3G e del firmware 2.0, Apple andrà a colmare alcune di queste lacune: iPhone verrà commercializzato praticamente in tutto il mondo, e dall’Application Store si potranno installare applicazioni di ogni genere. È tuttavia facile immaginare come il software “non ufficiale” avrà ancora lunga vita, soprattutto se Apple porrà troppi veti al software pubblicato sul suo negozio virtuale.
Quelle di Apple sono scelte spesso impopolari, dettate sia da opportunità commerciali, sia dalla volontà di tenere sempre sotto stretto controllo tutto quello che ruota intorno al proprio mondo: in questo modo il software pubblicato sull’Application Store sarà “certificato” da Apple, quindi ogni utente lo potrà installare con la certezza quasi assoluta di non andare incontro a nessun problema. Di contro, questa scelta limita la libertà dei programmatori, visto che Apple potrà porre il veto su qualsiasi applicazione ritenuta “non idonea” ad essere pubblicata.
Nella selva di offerte che caratterizzeranno la vendita di iPhone 3G nei vari paesi (ognuno con i suoi operatori e le sue leggi particolari), spunta anche la possibilità di acquistare un iPhone senza vincoli, utilizzabile con qualsiasi SIM, qualsiasi operatore, e qualsiasi contratto, anche con carta ricaricabile (formula molto diffusa in Italia). Ovviamente il costo del telefono “sbloccato” sarà di molto superiore rispetto a quello legato all’abbonamento, ma chi è interessato a iPhone potrà fare le proprie valutazioni e i propri conti per decidere quale opzione è la più conveniente per il proprio utilizzo. Inoltre, nei paesi dove il telefono sbloccato non sarà in vendita, Apple farà di tutto per evitare la pratica degli sblocchi non autorizzati. Negli USA, per esempio, l’iPhone non è più in vendita sull’AppleStore: chi lo vuole deve necessariamente rivolgersi ai negozi AT&T o agli Apple Retail Store, dove per averlo sarà obbligato a sottoscrivere un abbonamento.
A questo punto una domanda sorge spontanea: perché Apple non si limita a vendere il proprio telefono senza alcun legame, lasciando al cliente/utente la scelta di quale operatore e quale formula di contratto o di abbonamento scegliere? Una seconda domanda, solo in parte legata alla precedente, potrebbe essere: ha senso utilizzare un iPhone senza avere la possibilità di collegarsi in modalità più o meno flat ad Internet?
Per tentare di rispondere a queste domande partiamo dalla seconda. Un iPhone che non si collega ad Internet può sicuramente avere senso, soprattutto con l’arrivo dell’Application Store, ma verrebbe utilizzato in maniera più limitata: la maggior parte delle applicazioni fornite di base nel melafonino sono infatti applicazioni che ricevono informazioni dalla rete (Meteo, Borsa, Mappe, Youtube ecc.), per non parlare di Safari e di Mail. Quest’ultimo, con il nuovo firmware, sarà anche in grado di ricevere la posta elettronica in modalità push.
A molte persone può bastare il fatto di avere un “semplice” telefono che sia anche un buon riproduttore multimediale, che può collegarsi ad Internet solo all’occorrenza, e che non ha problemi ad accedere ad una rete WiFi. Evidentemente questo profilo utente non è quello che si aspetta Apple, visto che fin dal principio ha forzato la mano per far sì che ogni acquirente di iPhone avesse un abbonamento con la possibilità di collegarsi più o meno liberamente ad internet e sfruttare al meglio tutte le funzioni offerte dal melafonino. Non dimentichiamo inoltre che Apple, caso più unico che raro, percepisce una percentuale (più o meno elevata a seconda degli accordi con i diversi operatori) sui contratti telefonici e dal traffico dati derivante da iPhone, quindi ha tutto l’interesse di “forzare” una tale scelta.
In ogni caso, la pressione degli utenti, le abitudini di certi paesi, e le leggi di alcuni stati, hanno fatto in modo che Apple lasciasse aperta (anche se non ovunque) la strada del telefono senza vincoli, scelta che potrebbe rivelarsi vincente per la commercializzazione del nuovo modello, quantomeno nelle fasi iniziali, perché proiezioni più a lungo termine vogliono in aumento la percentuale di utenti interessata agli abbonamenti.
Dopo tutto questo parlare di iPhone, argomento che ha quasi monopolizzato anche la recente conferenza degli sviluppatori della Mela, la speranza degli utenti Apple è che si ritorni presto a parlare più spesso anche di Mac. È vero che i ritardi di Montevina (Centrino 2, ndr) hanno fatto slittare di qualche mese le possibilità di vedere nuovi portatili, ma Apple dovrebbe forse seguire la scia del recente successo degli ultra-portatili (in stile Eee PC), o perlomeno rimpiazzare il vecchio PowerBook 12″ con un modello che sia la giusta via di mezzo tra il MacBook e il MacBook Pro. Non guasterebbe inoltre il tanto atteso rinnovamento del Mac mini o (vista la parziale sovrapposizione con Apple TV) la sua sostituzione con qualcosa di nuovo e leggermente diverso, magari più simile ad una versione mini di un Mac Pro, come auspicato da molti utenti che vorrebbero un Mac più versatile senza dover necessariamente pensare ad un macchina professionale.
L’impressione è che Apple stia concentrando i suoi sforzi sui prodotti che le danno maggiore visibilità, e sotto questo aspetto puntare le luci su iPhone è sicuramente una mossa vincente (stime ufficiose parlano di 30 milioni di unità vendute nel prossimo anno); ma se la strategia vuole essere quella di richiamare un maggior numero di utenti per i suoi computer, dovrà ricominciare ad interessarsene maggiormente. Ora come ora le vendite di Mac sono alte e decisamente sopra la media della concorrenza, ma Apple non può pensare di adagiarsi sugli allori e vivere di rendita sui modelli che in questo momento tirano il mercato: Apple ha sempre dato il meglio di sé quando ha avuto il coraggio di proporre cambiamenti radicali e soluzioni innovative, quindi per i prossimi mesi non resta che sperare in qualche novità che vada oltre iPhone.
Domenico Galimberti
(Per contattare l’autore scrivere alla redazione )