Teheran chiude al dialogo , non ammette che i cittadini usino la rete per smuovere le coscienze, per informare gli iraniani che può esistere una società civile che abbracci i diritti di tutti. Gli ISP hanno fatto calare un velo sulla rete locale: numerosi siti che si discostano dalla cultura ufficiale, pagine web e blog di gruppi femministi e di attivisti non sono più accessibili entro i confini dello stato.
Tutto è scaturito da una direttiva diramata dalla commissione che in Iran si occupa di individuare contenuti illegali ospitati sui media tradizionali e pagine web che divergono rispetto alla morale di stato. Una commissione che dipende dal Consiglio Supremo della Rivoluzione Culturale, una commissione di 36 membri che individua e decreta della sopravvivenza dei media che deragliano dai binari culturali, sociali e educativi gettati dal Consiglio supremo.
L’obiettivo? In questo frangente sono nel mirino gli spazi web dei movimenti che si battono per i diritti delle donne del paese islamico. “Vogliono ridurci al silenzio” ha avvertito Parvin Ardalan, attivista che opera in Change4equality , un’organizzazione che sta tentando di raccogliere un milione di firme per scuotere le coscienze delle donne iraniane, per dimostrare al governo che esiste la parità fra i sessi, per chiedere che vengano abrogate le leggi locali che discriminano le donne.
Il sito che gestisce è inaccessibile dall’Iran, ma non è il solo a soffrire dei filtri imposti dallo stato: “l
La maggior parte dei siti dedicati ai diritti delle donne e ai diritti umani sono stati bloccati da un giorno all’altro” ha spiegato la donna, già condannata dalle autorità per aver attentato alla sicurezza nazionale. A rimanere imbrigliati nei filtri censori imposti dal governo e mantenuti dai provider sono siti che chiedono la parità fra donne e uomini come Focus on Iranian Women o Women s field , ma anche Shirzanan , un sito dedicato al mondo dello sport praticato dalle donne , un argomento evidentemente giudicato sconveniente dalla autorità locali.
Non che l’Iran si sia mai distinto per la tutela delle opinioni dei propri cittadini: la tecnologia è vista come un grimaldello che favorisce la compenetrazione con la cultura occidentale e per questo motivo le autorità tentano di evitare che finisca nelle mani dei cittadini, obbligando alla chiusura Internet Café e imponendo limitazioni alla banda a disposizione dei cittadini. Funzionano a singhiozzo i punti di riferimento della rete, ma anche le fonti locali che sconfinano in critiche sgradite devono sottostare ai sigilli imposti dalla autorità e devono tentare di schivare gli arresti .
Nonostante ciò, sono 700mila i blogger censiti all’interno dei confini dell’Iran, sono numerosi i netizen omosessuali nonostante l’omosessualità sia una pratica vietata dalla legge, mentre la rete sta diventando uno strumento per edificare una società civile più consapevole: “È deprimente vedere che il proprio sito è filtrato – riconosce l’attivista Jadi Mirmirani – ma dimostra anche quanto le autorità siano preoccupate”.
Gaia Bottà
( fonte immagine )