In attesa delle imminenti elezioni presidenziali, il governo di Tehran ha già trovato la sua strategia per silenziare le voci del dissenso digitale. Dalle condivisioni di Facebook ai filmati su YouTube, le autorità iraniane si erano già scagliate contro le principali piattaforme di content sharing , attualmente bloccate ed accessibili solo attraverso Virtual Private Network (VPN) .
Entro i prossimi giorni, i vertici della commissione parlamentare sulle tecnologie ICT hanno annunciato specifici meccanismi di filtraggio delle stesse VPN sfruttate dagli utenti iraniani per accedere a siti come Twitter e servizi di posta elettronica come Gmail. Il governo di Tehran le ha infatti dichiarate illegali , dal momento che permettono l’aggiramento della volontà nazionale e soprattutto la visualizzazione di materiale non autorizzato.
“Le VPN sono state tagliate fuori – ha confermato più di un utente su Facebook – Hanno chiuso tutte le porte”. Le autorità nazionali hanno così fatto saltare tutti i ponti a disposizione degli utenti per lasciare accessibile solo il sentiero della censura di stato, per limitare la diffusione del dissenso o la proliferazione di materiale scomodo all’attuale establishment al potere centrale.
“Solo le VPN legalmente registrate potranno essere usate da ora in avanti”, ha annunciato Ramezanali Sobhani-Fard, a capo della commissione parlamentare sull’ICT. Nello scorso gennaio, il Consiglio Supremo del Cyberspazio aveva proclamato l’introduzione di reti VPN registrate e dunque autorizzate dal governo iraniano. Tutte le istituzioni finanziarie avrebbero dovuto attrezzarsi per connessioni e transazioni sicure.
Mauro Vecchio