I provider irlandesi non si presteranno a collaborare nel contrasto alla pirateria violando la privacy dei netizen, non filtreranno le URL scomode all’industria dei contenuti, non attenteranno al libero arbitrio degli utenti. Le minacce dei discografici non tangono gli ISP irlandesi: prima di tutto vengono i diritti dei cittadini della rete, dei loro abbonati.
La prime richieste avanzate da IRMA, l’associazione locale che rappresenta l’industria della musica, si erano abbattute su Eircom, il maggiore provider irlandese: le etichette avevano denunciato l’ISP nel 2008. Eircom avrebbe venduto connettività allettando i cittadini della rete con la promessa della libertà di razzolare sui siti del file sharing, si sarebbe resa responsabile di favoreggiamento alla violazione del diritto d’autore. L’industria chiedeva filtri, delazioni di indirizzi IP e disconnessioni : Eircom ha recentemente capitolato , sfiancata dalle strategie legali di IRMA.
Ma le major non intendevano limitarsi ad intimidire Eircom: hanno iniziato a stilare delle liste nere di URL che potessero indurre in tentazione i cittadini della rete offrendo un’interfaccia allo scambio di contenuti fra pari. Liste da trasmettere ai provider per sollecitarli al filtraggio. E per ricordare loro che avrebbero intentato delle azioni legali qualora non si fossero mostrati disponibili a collaborare all’identificazione di coloro che avessero abusato della propria connessione.
I cittadini della rete irlandesi si sono mobilitati : hanno programmato una settimana di blackout modellata su quella messa in atto dai netizen neozelandesi per manifestare il proprio dissenso nei confronti di una declinazione locale della dottrina Sarkozy, hanno riversato lettere e incoraggiamenti su provider e istituzioni, affinché non si permettesse all’industria dei contenuti di impugnare le redini della rete.
Gli ISP, restii ad agire da poliziotti, giudici e boia della rete, hanno deciso di non filtrare e di non collaborare, non alle condizioni dettate dall’industria : ISPAI , l’associazione di provider e operatori della rete irlandesi, lo ha comunicato con una lettera indirizzata a IRMA. “Non ci sono i fondamenti per un’azione legale nei nostri confronti – annunciano – e non c’è alcuna prova del fatto che i provider abbiano agito contro la legge”.
Gli ISP ricordano che in nessun modo hanno incoraggiato la violazione del copyright presso i loro abbonati, che sono stati e saranno disponibili ad affiancare l’industria nel percorrere le vie legali per assicurare il loro contributo e nel contempo garantire ai netizen la possibilità di difendere la propria posizione e i propri diritti. “La riservatezza delle comunicazioni è protetta dalla legislazione europea e irlandese – spiegano – non ci si può aspettare che gli ISP la ignorino solo perché fare il contrario non soddisferebbe le esigenze di un altro attore privato”. Non verranno dunque rivelati i dettagli relativi agli abbonati, non verranno identificati coloro che si celano dietro ad un indirizzo IP alla semplice richiesta dei detentori dei diritti: solo un magistrato potrà chiedere ai provider di testimoniare.
ISPAI non risparmia inoltre gli affondi nei confronti di un modello di business che l’industria dei contenuti tenta di alimentare artificialmente, limitandosi a contenere lo sharing senza far fruttare a proprio favore il “grande potenziale di Internet”: “Internet – ricordano i provider – ha rivoluzionato un’infinità di altri servizi e i consumatori hanno potuto beneficiare della costante accessibilità, di una scelta più ampia e di prezzi più contenuti”.
Gaia Bottà