Avvertirà coloro che si celano dietro l’indirizzo IP segnalato dai colossi dell’industria, tenterà di scuotere i recidivi con una seconda missiva, ma al terzo episodio segnalato dai detentori dei diritti, Eircom chiuderà per il proprio utente il rubinetto della connettività. Lo farà senza che la legge le imponga alcunché: il provider irlandese si è mosso spontaneamente. Sul suo capo pendeva una denuncia formulata dalle major.
Il contenzioso era stato avviato nei primi mesi del 2008: IRMA , l’associazione che rappresenta l’industria discografica nell’isola verde, aveva accusato Eircom di adagiarsi sulle scorribande P2P dei netizen, di non vigilare sui propri utenti, di racimolare denari vendendo ai netizen connettività di cui avrebbero abusato . Eircom, inerte fornitore di connettività, avrebbe così incoraggiato i netizen a violare il diritto d’autore.
Nei giorni scorsi, gli ultimi atti del processo. L’accusa ha sfoderato le prove del fatto che Eircom fosse pienamente consapevole di come i propri utenti impugnino le connessioni, di come l’ISP fosse loro complice. Il documento citato in tribunale dalle major risale al 2001, si tratta di un memo circolato fra i dipendenti dell’ISP: ” Pirateria è un termine abusato: la si potrebbe chiamare condivisione , visto che pirateria implica che ci sia qualcosa di sbagliato – scriveva Denis Curran, a capo della divisione Internet della telco irlandese – pensatela come se servisse a salvaguardare la salute e il benessere delle rockstar cocainomani lasciandole con meno soldi da sperperare in sesso e droga”. Non fosse bastata questa prova a raggelare Eircom, l’accusa ha chiamato in causa The Pirate Bay: Eircom contribuirebbe a finanziare la Baia con inserzioni per pubblicizzare i propri servizi.
Accusato di lucrare sul file sharing illegale e di aver inferto all’industria della musica danni per una cifra calcolabile tra i 4 e i 5 milioni di euro, il provider irlandese ha ceduto e si è dichiarato disposto a scendere a compromessi con un accordo extragiudiziale.
Eircom ha accettato di collaborare: le dichiarazioni raccolte da un reporter irlandese mostrano che il fio che l’ISP dovrà pagare per placare IRMA sarà l’implementazione su base volontaria dei meccanismi della “risposta graduale” di impronta francese. L’industria racimolerà indirizzi IP degli utenti del provider colti a violare il diritto d’autore, Eircom provvederà a dare un nome agli indirizzi IP e a informarli dell’avvenuta violazione. Se ciò non dovesse bastare a far desistere i netizen, l’ISP invierà una seconda comunicazione che minaccerà la disconnessione coatta. Alla terza violazione si chiuderanno i rubinetti.
“Avrebbero voluto infiltrarsi nel nostro network, per implementare una soluzione tecnologica – ha spiegato il portavoce di Eircom – abbiamo negoziato perché rinunciassero, e si affideranno a terze parti per raccogliere informazioni su chi usa la nostra rete per condividere illegalmente”. Eircom sottolinea quelli che ritiene i propri meriti, non accenna all’eventualità che si verifichino dei falsi positivi nelle segnalazioni dell’industria. Nell’accordo non si fa altresì alcun accenno a giusti processi , né all’intervento di magistrati: Eircom intende implementare questa soluzione su base volontaria e potrebbe limitarsi a introdurre la nuova condizione nel contratto a cui sottopone i propri utenti. Assumendosi la responsabilità di non discutere le segnalazioni fornite dall’industria , Eircom si troverebbe a impersonare il ruolo di giudice e il ruolo di boia.
Ma Eircom potrebbe non essere il solo provider a collaborare con l’industria: “Le etichette – spiega il provider – hanno concordato che si muoveranno per mettere in campo le strategie necessarie per stringere simili accordi con gli altri ISP dell’Irlanda”. Non è dato sapere se la strada che le major sceglieranno di battere sia quella della denuncia: non tutti i provider , nemmeno sotto la minaccia di processi , si dimostrano disposti ad assumersi la responsabilità.
Al di là dell’oceano ferve invece la collaborazione tra l’industria dei contenuti e i colossi delle comunicazioni: RIAA il mese scorso ha annunciato di voler cambiare strategia e ha avviato il dialogo con gli ISP. Indiscrezioni dell’ultim’ora suggeriscono che AT&T e Comcast siano vicine ad un accordo: una collaborazione che non sorprende, alla luce delle precedenti sortite di AT&T e delle pratiche di contenimento del traffico adottate da Comcast.
Ci sono inoltre mercati in cui l’industria dei contenuti non necessita di inerpicarsi lungo accordi di mutuo aiuto: la Nuova Zelanda, impegnata in una riforma del quadro normativo a tutela del diritto d’autore orientata alla disconnessione degli sharer recidivi, ha confermato che la proposta di legge non verrà emendata. Potrebbe bastare un’accusa formulata dall’industria dei contenuti per perdere il diritto alla connettività.
Gaia Bottà