Si sapeva che sarebbe stata solo questione di tempo e infine anche isoHunt , “il più grande motore di ricerca su BitTorrent e P2P” come recita la homepage, segue TorrentSpy sulla strada del divieto di accesso e condivisione ai torrentisti USA .
I due indicizzatori di torrent erano caduti in disgrazia a seguito della decisione del giudice federale Jacqueline Chooljian che, obbligando i due portali a tenere puntigliosa registrazione delle attività degli utenti, aveva di fatto costretto TorrentSpy a decidere per il ban preventivo degli accessi provenienti dagli Stati Uniti.
Impossibilitato a difendere la privacy dei condivisori, il tracker ha tagliato la testa al toro e bloccato all’origine la possibilità di rastrellare i dati a cui MPAA tanto agogna. Stessa cosa fa ora isoHunt, che con un messaggio pubblicato anche in homepage comunica di aver disabilitato l’accesso al tracker da parte degli utenti a stelle e strisce “fino a nuovo ordine”.
“Succede questo a causa dell’ostilità degli Stati Uniti nei confronti delle tecnologie di P2P, e ci rendiamo conto che a causa della denuncia in tribunale che ci ha rifilato la MPAA, non siamo più in grado di garantire la vostra sicurezza e la privacy negli States” recita il messaggio.
La conseguenza per quanti si trovino in zone del mondo meno incattivite contro il file sharing è che le fonti da cui scaricare dovrebbero ora diminuire . Per questo lo staff di isoHunt incoraggia i torrentisti ad usare altri tracker non ancora finiti sulla lista dei caduti nella guerra del copyright.
Ovviamente, come suggerisce anche ZeroPaid , le possibilità di continuare ad usare isoHunt anche dagli States sono tante e variegate – Tor , proxy server, e chi più ne ha più scarichi. La faccenda serve soprattutto a riaccendere l’irrisolto dibattito sulla net neutrality e sulla “inclinazione del governo a regolare la Rete”.
“Pensateci per un minuto – scrive Zp – Se qualunque altro paese del mondo provasse a fare una cosa del genere ad un site operator USA, avremmo una quantità infinita di dichiarazioni con tanto di bandiera in cui l’orgoglio e la sovranità americane la farebbero da padroni. Mentre al contrario essa viene ora descritta come una sorta di campagna di civilizzazione in funzione della protezione dei posti di lavoro americani”.
Alfonso Maruccia