Di lupanari è piena la rete, la prostituzione è un’attività tentacolare che non risparmia l’online, e che alimenta lo sfruttamento reale: in Israele, supportata da queste motivazioni, sta fermentando una proposta di legge che potrebbe punire con il carcere i tenutari di postriboli online.
È la parlamentare Zahava Gal-On ad aver stilato la proposta di legge, ora al vaglio di una commissione parlamentare dedicata a contrastare il traffico delle donne: “Dozzine di case di tolleranza operano su Internet offrendo donne in vendita” chiosa Gal-On. È l’anonimato concesso ai cittadini della rete la chiave di tutto, ha spiegato l’autrice della proposta: potendosi muovere più liberamente di quanto è possibile nel quotidiano, i netizen sono incoraggiati a fruire delle grazie dei corpi che si vendono in rete. È anche in questo modo che si alimenta il traffico di esseri umani imbrigliati nel business della prostituzione.
È così che Gal-On chiede che i tenutari delle case di tolleranza online e che coloro che ne compilano i contenuti o che si occupano di curarne la grafica vengano puniti con cinque anni di carcere .
La prostituzione in Israele è proibita in ogni ambiente: dalle abitazioni ai locali, dalle automobili ai veicoli marittimi. Gal-on, nella proposta redatta sotto la sua supervisione, chiede al parlamento di aggiungere alla lista dei luoghi anche i siti web , perché non vengano considerati un’eccezione, perché sia chiaro a tutti che la prostituzione non è un reato tollerato in nessuna della sue forme.
Tremino i cittadini della rete. I bollenti spiriti dei baldi ragazzotti che si offrono su MySpace potrebbero essere bruscamente raffreddati dalla minaccia di cinque anni di carcere? I gestori di siti di annunci dovranno filtrare a monte le inserzioni per scongiurare ogni rischio? Le blogger più spavalde dovranno porre un freno alla malizia che imprimono sulla propria tastiera? E coloro che vendono il proprio corpo di pixel su Second Life dovranno pensare a sotterfugi per mascherare la propria attività come un centro massaggi?
Ma in Israele c’è chi tempera le ambizioni moraleggianti di Gal-On: il Ministero della Giustizia ricorda come i servizi offerti online non siano che una promessa che si traduce in un mercimonio di corpi solo una volta proiettati nella realtà. Realtà nella quale la prostituzione è già vietata dalla legge, per aria per terra e per mare.
L’industria del sesso virtuale è fiorita in Israele dopo che negli scorsi anni erano stati fatti chiudere dei periodici che ospitavano degli annunci capaci di irretire i cittadini nel vortice della prostituzione e dello sfruttamento delle donne. Questo tipo di pubblicità si è ora travasata online, mimetizzata in pagine web che garantiscono visibilità al servizio e l’anonimato agli utenti. Il traffico di esseri umani è tutt’altra cosa rispetto agli annunci e alle proposte equivoche, spiegano dall’Associazione per i Diritti Civili in Israele ( ACRI ). I postriboli online? Sono una contraddizione in termini, a parere dell’Associazione: “Il gioco d’azzardo si può praticare online, ma in questo caso abbiamo a che fare con della pubblicità, non con la prostituzione”.
Gaia Bottà
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