Lo stato di Israele ha acquistato l’account Twitter @israel da un cittadino spagnolo di Miami proprietario di un sito pornografico.
Il dominio era stato registrato da tale Israel Meléndez nel 2007, agli albori di Twitter: l’uomo, che aveva già un altro account in qualità di proprietario di un sito porno, aveva deciso di aprirne uno nuovo e personale. Utilizzando il suo nome, però, aveva sottovalutato o non considerato affatto che qualsiasi discussione twittata che facesse riferimento allo stato ebraico sarebbe stata indirizzata automaticamente a lui. Con logiche conseguenze di traffico in timeline.
Così, quando ha ricevuto un messaggio dallo Stato di Israele, si è dimostrato pronto a trattare: dopo negoziazioni che lo hanno condotto anche presso l’ambasciata dello Stato, non lo ha regalato ma comunque lo ha ceduto per un prezzo definito “adeguato”. Presumibilmente, infatti, solo perché le regole ufficiali di Twitter proibiscono la compravendita di account, la trattativa è durata più del dovuto: si doveva attendere il placet del tecnofringuello.
“Il mio account era in pratica inutilizzabile dato il numero di risposte che ogni giorno le persone mi inviavano pensando che rappresentassi lo stato”, ha raccontato Meéndez. Per non contare, come sottolineano alcuni , “i commenti antisemiti o antisraeliani” che si ritrovava a leggere quotidianamente.
Dal 30 agosto, alla fine, l’account è passato nelle mani del Ministero degli esteri israeliano, che ha sostituito tutti i tweet del precedente proprietario con i propri e lo ha iniziato ad utilizzare per comunicare le posizioni dello Stato e divulgare notizie e informazioni attraverso il servizio di microblogging, rimpiazzando l’account finora usato @israelMFA: “Per utilizzarlo meglio – ha riferito il portavoce del ministero – di quanto finora fatto da Meléndez”. Con tutti i pro e i contro dell’universo di cinguettii: un mezzo forse più diretto per alcune comunicazioni, ma anche una via molto facile per recapitare offese et similia.
La strategia comunicativa , in fondo, è la stessa che ha portato il Primo Ministro Netanyahu ad aprire una pagina Facebook, Flickr, nonché all’avvio di un canale su YouTube già al centro di polemiche per alcuni filmati relativi allo scontro delle truppe israeliane con la nave turca Mavi Marmara in acque internazionali.
Claudio Tamburrino