In California è periodo di vacche magre. All’ombra dei colossi come Google, Apple, Yahoo e HP, il tasso di disoccupazione di Silicon Valley è salito al valore massimo da quattro anni a questa parte: 6,6 per cento , una vetta mai toccata sin dal termine della bolla speculativa della net-economy. Le cose, comunque, potrebbero andare peggio: ci sono dei casi segnalati in negativo, ma anche altri in positivo. E forse tutto questo è il segnale che il business IT si avvia verso la sua definitiva maturità.
Rispetto ad un anno fa, nella valle del silicio ci sono 1.400 lavoratori a spasso in più . Un dato significativo, dovuto anche alle ristrutturazioni in corso in colossi del settore come Yahoo! e Motorola . Google, da parte sua, non ha ridotto l’organico ma ha rallentato di molto le assunzioni, mentre paradossalmente HP continua ad assumere personale, soprattutto tecnico, mentre provvede a dare una sforbiciata all’organico di EDS ( recentemente acquisita ).
A guardare quello che accade in Microsoft , si potrebbe quasi pensare invece di essere in piena fase di boom: quest’anno Steve Ballmer dovrà firmare 11mila buste paga in più rispetto al 2007, viste le assunzioni che hanno portato la forza lavoro di BigM a sfiorare le 100mila unità. Si tratta di un risultato in decisa controtendenza che, spiegano gli osservatori, è più che altro legato all’enorme espansione degli interessi di Redmond nei più svariati settori tecnologici.
In ogni caso, gli stessi analisti indicano come la prospettiva del comparto IT sia mutata: le cose vanno meno peggio che altrove , la tecnologia si dimostra ora più che mai un asset considerato valido per l’intero business delle imprese, e dunque se per il resto dell’economia qualcuno inizia debolmente a far circolare la parola “crisi” o “recessione”, lo stesso non può dirsi per i colossi del bit e del web. Che potranno tirare la cinghia per andare avanti, ma non dovranno procedere a liquidazioni o licenziamenti di massa per tentare di sopravvivere.
Certo, non tutto fila liscio, e ogni società è storia a sé. Dove e cosa tagliare, è argomento discutibile e dibattuto . Tra gli esperti inizia a serpeggiare il nome di eBay come il possibile obiettivo di una prossima ristrutturazione in grado di rendere una struttura che oggi conta 15mila dipendenti più agile tra i marosi del mercato finanziario. Una necessità di questi tempi, come spiega l’analista Jeffrey Lindsay , di Bernstein Research: “Quasi tutte le Internet company, a causa della loro crescita vertiginosa degli scorsi anni, hanno semplicemente troppo personale”.
La crescita della forza lavoro andrebbe avanti, secondo Lindsay, per cicli: prima, quando le cose vanno bene, si assume senza stare a badare troppo ai numeri complessivi. Poi, quando la crescita rallenta o addirittura si ferma, ecco che tutti cominciano a guardarsi attorno e a cercare di capire cosa fare per ottimizzare i costi e tagliare le spese . Per eBay, sostiene qualcuno, si tratterebbe di un “normalissimo” passaggio obbligato. Passaggi dolorosi, forse, ma molto diversi e molto lontani dai licenziamenti che seguirono lo sboom degli inizi del secolo, una bolla che oggi non si vede nel settore tecnologico, che secondo i più è invece sostenuto da aziende che non si muovono tanto sotto spinte speculative ma sotto l’impulso di una domanda sempre più ampia e diversificata. Alla tempesta di oggi, giurano gli osservatori, seguirà il sereno.
Luca Annunziata