In occasione del convegno che Montecitorio ha dedicato ai diritti digitali, la Presidente della Camera Laura Boldrini è tornata a parlare di diritti online e a scatenare la polemica.
Già a maggio dell’anno scorso , a pochi mesi dalla sua elezione e in risposta ad un primo episodio di violente invettive online nei suoi confronti (quasi un antipasto dell’anno che l’avrebbe vista messa alla berlina sul Web) alla Boldrini era stata attribuita la proposta di “fermare l’anarchia del Web” con una serie di interventi legislativi ad hoc. Successivamente aveva avuto modo di correggere il tiro parlando genericamente di “arginare la violenza contro le donne, anche in rete”. Paradossalmente, la Presidente della Camera è diventata un vero e proprio simulacro di questa battaglia: da un lato è stata vilmente oggetto di pesanti insulti e minacce, dall’altro non si è distinta per lucidità politica, riproponendo la normazione di Internet con tesi e progetti che mostravano comunque il fianco a polemiche per apparente mancanza di cognizione di causa.
Da ultimo, Laura Boldrini è tornata a parlare di diritti digitali facendosi promotrice di una proposta con respiro europeo che definisca un vero e proprio “Internet Bill of Rights”, avendo come modello il cosiddetto “Marco Civil”, la legge-quadro brasiliana che fissa i principi in materia di diritto d’accesso, tutela della privacy, neutralità della Rete e libertà di espressione, e la necessità di intervenire per regolamentare un settore che – come ha dimostrato anche il Datagate aperto dalle rivelazioni dell’ex-analista dell’NSA Edward Snowden – avrebbe bisogno di una normazione. Secondo Laura Boldrini , infatti, “Internet è un ponte essenziale”, ma “ha bisogno di regole”, anche perché “ognuno si sta sentendo vulnerabile: personalità di governo, istituzioni, ma anche i cittadini, i cui dati potrebbero essere usati in modo spregiudicato per vari fini, inclusi quelli commerciali, attraverso i social media.”
L’idea è quella di costituire una commissione di studio sulla Rete, sui diritti e i doveri dei cittadini nell’età digitale, che elabori i contenuti di una carta dei diritti di Internet che non si limiti ai confini italiani e che punti invece ad avere un valore europeo: saranno chiamati a farne parte – si legge nel comunicato ufficiale – “i presidenti delle Commissioni parlamentari competenti, i deputati attivi sui temi dell’innovazione tecnologica, studiosi, operatori del settore, associazioni”, nell’ottica di un percorso di partecipazione e coinvolgimento dell’opinione pubblica.
Anche se l’ottica è quella europea, il progetto dovrebbe essere presentato nel corso del semestre italiano dell’UE, la prima critica nei confronti del progetto di Costituzione di Internet parte sempre dalla velleità di un intervento nazionale (o continentale) su una realtà per definizione globale . Inoltre, a non piacere agli osservatori il fatto che i membri di tale commissione sono naturalmente scelti dalla presidente della Camera e che storicamente si definisce “Bill of right” (inteso come quello sorto dall’esperienza costituzione britannica del 1688 e quella statunitense del 1791) un documento volto a limitare gli abusi di potere del Governo e della magistratura, non a limitare le libertà d’espressione dei cittadini .
Claudio Tamburrino