Il Garante può non avere un’idea chiara su quante siano le telecamere di sorveglianza attive in Italia, ma non ha dubbi riguardo a quelle che non possono essere installate perché violano la privacy.
Con un provvedimento pubblicato nella propria newsletter , l’Autorità ha chiarito in modo esplicito che “è vietato utilizzare sistemi di videosorveglianza che riprendano persone negli spogliatoi”.
Il Garante si è espresso a seguito di una indagine che ha riguardato una piscina: i Carabinieri avevano rilevato che due cam piazzate negli spogliatoi in seguito ad alcuni furti, non si limitavano a controllare la zona del guardaroba ma “riprendevano direttamente le persone anche mentre si cambiavano”. Il tutto a fronte di un’informazione del tutto insufficiente sulla presenza dell’indiscreto occhio elettronico.
Secondo l’Autorità, dunque, si è trattato di un abuso di dati personali che viola “la riservatezza e la dignità delle persone in quanto, pur essendo lecito l’utilizzo della videosorveglianza per tutelarsi da eventuali danni o furti, non erano stati adottati accorgimenti tecnici volti ad evitare riprese di persone negli spogliatoi”.
Per l’azienda interessata, l’unica conseguenza è dover modificare le proprie strategie di ripresa, garantire la riservatezza per le persone che si denudano e si rivestono negli spogliatoi e provvedere ad informare in modo dettagliato i clienti di ogni iniziativa di videosorveglianza.
La legge italiana è dunque chiara, sebbene sia meno severa di quella statunitense , che prevede persino il carcere nel caso di gravi abusi, così come accade in Nuova Zelanda.
La pronuncia del Garante non è in sé una novità assoluta: la stessa Autorità nel maggio del 2004 aveva pubblicato delle linee guida all’uso delle cam che ne escludono l’utilizzo in luoghi come gli spogliatoi. Considerazioni analoghe valgono anche per l’uso dei fotofonini , sconsigliati in molti impianti e persino vietati in alcuni circoli ricreativi, in Italia e all’estero.