Quanti sono gli italiani che comprano supporti ottici, CD e DVD, per i propri backup? Sono sempre di più, eppure i produttori di settore nel nostro paese stanno perdendo ormai da anni fatturato e occupati. Il motivo? Molti rivenditori operano nell’illegalità, il mercato nero è dilagante, le tasse sui supporti, il cosiddetto equo compenso è assente o molto più contenuto all’estero, e all’estero quindi comprano sempre più consumatori italiani. La SIAE rastrella in equo compenso su ciascun prodotto più che qualsiasi altra sua omologa in Europa con la sola eccezione, forse, della Francia.
Stigmatizzato da diverse associazioni di produttori di contenuti, oggetto di denunce da parte di associazioni di produttori e di consumatori, l’equo compenso è giustificato come ciò che deve pagare chi compra supporti vergini per compensare il diritto d’autore sui materiali eventualmente copiati su quei supporti. Per dirla con la SIAE :
a fronte del beneficio che il consumatore persona fisica trae dalla facoltà di “copia privata” è previsto un compenso a favore di autori, artisti e produttori .
Un nonsense giuridico , dicono molti, che sta provocando seri danni alla nostra economia.
Per capire come e quanto la disciplina italiana sulla copia privata stia massacrando le imprese di settore che operano in Italia, Punto Informatico ne ha parlato con Mario Pissetti , neo presidente di ASMI , l’associazione che raggruppa i produttori di supporti magnetici. Ne esce un quadro che è tutto meno che una sorpresa per i lettori di Punto Informatico ma che si va ulteriormente aggravando in virtù delle scelte, e soprattutto delle non-scelte, della politica nostrana.
Punto Informatico: Che aria tira tra le imprese di settore?
Mario Pissetti: L’atmosfera è pesante, abbastanza drammatica, i fatturati stanno scendendo in tutte le aziende, di conseguenza come purtroppo avviene nelle imprese commerciali in situazioni di discesa di mercato è necessario contenere i costi, con ristrutturazioni che variano da azienda ad azienda, con conseguenze occupazionali.
PI: Ma non è stato sempre così. E poi CD e DVD si usano sempre di più. O no?
MP: Tutto questo è iniziato a verificarsi da quattro anni a questa parte: con la compressione del mercato solo alcune aziende sono riuscite ad allargare la propria produzione, deviando su altri comparti, ma a livello occupazionale tutte ne hanno risentito.
PI: Quattro anni fa. Quindi parliamo del recepimento in Italia della famigerata Direttiva europea sul Copyright, meglio nota come EUCD?
MP: Direi il “non corretto recepimento della direttiva europea”. Perché il governo italiano l’ha recepita in modo diverso dal resto d’Europa. Creando una situazione di disparità che colpisce tutte le aziende che operano in Italia.
PI: Sta parlando delle imposizioni sui supporti ottici, il cosiddetto equo compenso ..
MP: Sì. Basti pensare che la levi tedesca (“levi” o “diritti di levi” è come a livello internazionale viene definito questo genere di prelievo, ndr.) è calcolata in percentuale sul prezzo di vendita, e varia dal 3 al 6 per cento. Questo significa che su un DVD si può arrivare a 0,2 o 0,3 centesimi di euro. In Italia siamo a 58 centesimi.
PI: Il che si traduce in costi più alti per le imprese e, di conseguenza, prezzi più alti per i consumatori. E nel resto d’Europa come vanno le cose?
MP: La situazione varia. Ci sono paesi, come il Regno Unito o il Lussemburgo, dove non c’è alcun tipo di trattenuta di questo genere. Fino a paesi in cui va tutto diversamente, come l’Italia o la Francia.
PI: Anche in Francia quindi…
MP: In Francia è vero che su alcuni prodotti hanno una imposizione persino più alta. Ma la SIAE francese effettua i controlli: ciò significa che in Francia la quasi totalità dei produttori e degli acquirenti paga la SIAE. In Italia questo non accade.
PI: Perché considerate decisivi i controlli sull’equo compenso?
MP: In molte regioni, in particolare nel centro sud, ci sono negozi che vengono supporti a prezzi inferiori persino al prelievo SIAE. Il che significa che c’è una importazione illegale, uno smercio che di fatto è in nero. Se non devo pagare la SIAE non pago neppure l’IVA, e neanche l’IRAP, ne consegue anche un danno all’erario incredibile. Se poi si va su Internet…
PI: Su Internet…?
MP: Basta inserire su Google qualche nome noto tra i marchi di settore per scoprire siti italiani che vendono supporti a prezzi ridottissimi. Se non vanno in perdita su ciascuna vendita allora vuol dire che operano nell’illegalità. PI: E di mezzo ci vanno i produttori che operano nella legalità. Ma non ci sono controlli?
MP: Da noi i controlli sono praticamente inesistenti o, se ci sono, sono del tutto insufficienti, o superficiali. In Italia possiamo calcolare che il 60-70 per cento del mercato è illegale. Ci sono stime che parlano di 30 milioni di euro di IVA evasa ogni anno in questo modo, ma secondo noi sono molti di più. Per il “Sistema Italia” è un danno notevolissimo.
PI: Ma come fanno certi rivenditori a scappolarla?
MP: Non sono esperto di queste cose ma i trucchi sono quelli di sempre. Magari c’è chi compra il 50 per cento di materiale in modo illegale e l’altra metà secondo le vie ordinarie. In caso di controllo ha a disposizione fatture che dimostrano la legalità dell’operazione. Controlli superficiali si intende, magari il magazzino con tutti i materiali a disposizione non è materialmente collegato al negozio. E via così.
Ci sono vari modi per verificarlo. Basti pensare che in alcuni casi il fatturato degli agenti di vendita degli importatori, ad esempio, è sceso fino all’80 per cento, perché chi ha sempre comprato, apparentemente ora compra di meno ma poi ha gli stessi supporti di sempre sugli scaffali.
PI: Ed è un danno anche per chi lavora nelle aziende di produzione dei supporti
MP: Certo, può sembrare paradossale ma questa legge di fatto privilegia il business delle aziende all’estero ai danni di quelle italiane. Oggi da noi operano quasi esclusivamente divisioni locali di multinazionali, che hanno dipendenti italiani, che pagano tasse e contributi in Italia. Quelle estere invece arrivano sul mercato italiano e possono vendere a prezzi più bassi.
PI: Tornando al mercato, con la diffusione del computing ci si attenderebbe una crescita dei consumi di supporti, questo non dovrebbe influenzare la situazione?
MP: I dati SIAE raccontano come il mercato dei CD sia stabile in Europa mentre in Italia è in discesa. In Europa, inoltre, il DVD cresce, e in Italia è stabile. In buona sostanza: negli altri paesi cresce il mercato e da noi no.
PI: Ma non erano state avviate trattative proprio con SIAE per tentare di sanare la situazione?
MP: Sì, si parlava di revisione entro fine 2005 ed esiste anche un accordo tra alcune associate e SIAE che parla di fine 2005. Ma la trattativa per rimodulare gli importi con SIAE è stata interrotta lo scorso settembre. Da allora non siamo più riusciti a discutere con SIAE della cosa.
PI: Non si può riaprire il dialogo?
MP: Ci proviamo, ci proveremo, forse SIAE, che incassa decine di milioni di euro con la legislazione attuale, può non avere un interesse o un’urgenza. Ma le royalty che oggi si generano in Italia presto potrebbero andarsene, con tutte le conseguenze del caso. C’è anche da dire che almeno fino a dicembre dell’anno scorso l’ufficio SIAE dedicato era sottodimensionato. Per affrontare la situazione attuale la SIAE dovrebbe muoversi con accertamenti anche su piccole operazioni commerciali e transazioni di scarso rilievo, mentre oggi si tende ad agire solo quando in ballo ci sono milioni di euro.
PI: E le speranze dall’Europa? Di recente la UE ha rinunciato a cancellare l’equo compenso..
MP: C’era questa possibilità, per una Raccomandazione ufficiale, non una Direttiva, con cui la Commissione Europea avrebbe chiesto agli stati membri di giungere ad una uniformità sull’equo compenso. Ma la Raccomandazione è stata bloccata, probabilmente per ragioni politiche.
a cura di Paolo De Andreis