Certo, ce la si può prendere con i server che dovevano gestire il bonus mobilità: se è vero che da mesi si sta organizzando questo tipo di appuntamento, e se l’afflusso di utenti era ampiamente prevedibile, come è possibile che per ore il sito sia stato offline, con effetti sgangherati sull’interfaccia e tenendo per ora centinaia di migliaia di persone incollate ad uno schermo a chiedersi cosa fare?
Certo, ce la si può prendere con i server dei servizi SPID di autenticazione, caduti al primo soffio di vento (vedi Poste Italiane, vedi Sielte) nella giornata in cui avrebbero potuto dimostrare la propria centralità nel cuore della nuova Italia digitale. Sono molti i commenti indignati di quanti, a causa di server in panne, hanno visto sfumare svariate decine di euro.
Certo, ce la si può prendere con l’incompetenza dei tecnici, l’insussistenza delle infrastrutture, la carenza di organizzazione. Ma a rigor di logica, quando le fragilità sono in ogni singolo passaggio di questa catena, allora forse il problema sta ben più a monte. E se il problema fosse ben più ampio, ben più radicale, ben più “nobile”? E se il problema fosse quello di una politica che, nell’Italia del digitale, ancora è ferma alla logica del “chi tardi arriva male alloggia”?
Il problema è l’idea del Click Day
Il problema, a ben pensarci, è quello del click day in sé. Perché obbligare migliaia di persone di fronte ad un pc a fare una coda virtuale laddove invece dovrebbe essere un principio democratico, meritocratico e di giustizia a stabilire chi debba poter accedere ad un bonus? Lo stesso vizio emerse negli anni scorsi quando il governo Renzi costringeva le pubbliche amministrazioni a medesimi click day, pieni di insidie e di ricorsi, elargendo contributi su una folle logica di velocità. Forse non tutti sanno che, addirittura, in quei tempi a vincere furono PA che avevano anticipato la scadenza del click, in barba a quante avevano invece atteso il “momento X” seguendo tutte le regole. Oggi ci si trova di fronte a medesimo scempio, ancora una volta in fila come se fossimo davanti ad un qualsiasi sportello postale, sacrificando tempo prezioso per l’elemosina di un bonus.
Il Click Day, anche se non determina assembramenti pericolosi dal punto di vista sanitario, genera comunque l’assembramento digitale di molte persone sui medesimi servizi. Non c’è alcunché da stupirsi, quindi, se le infrastrutture non reggono. Nessuno degli anelli di questa catena è mai stato progettato per reggere simili carichi di lavoro: la normalità è altra, questo è il caos. Ma la politica – si badi bene, con la “p” minuscola e senza colori di partito – immagina i click day e questi piombano sulla normalità come un cataclisma, soverchiando i numeri soliti, imponendo ritmi a cui la macchina non era abituata (né era stata progettata per tali finalità). Le conseguenze sono quelle note: ore davanti ad uno schermo a fare refresh, server oberati e rallentati, code infinite, messaggi di errore. E chi è arrivato in fondo alla coda si è trovato senza documento di identità, visto che nel frattempo anche gli SPID sono caduti come foglie d’autunno.
Anche nell’emergenza, soprattutto nell’emergenza; anche se riteniamo radicalmente sbagliata l’idea di un bonus monopattino, perché non sono biciclette e monopattini le risposte alla pandemia; al netto di ogni considerazione di merito sul bonus in sé: ragionare in termini di “click day” significa affrontare con superficiale pragmatismo una situazione che merita sensibilità. Non si tratta di un errore di oggi, sia chiaro: il click day è figlio dell’emergenza primaverile e lo vediamo oggi come un bubbone esploso in ritardo nel mezzo di una nuova tempesta. Ma tutti sapevamo che sarebbe esploso e forse c’è chi, tolta la mano dopo aver lanciato la promessa, non vedeva l’ora di archiviarlo rapidamente per tornare alle cose serie.
Un’immagine triste
Anche nell’Italia Digitale a vincere è il più fortunato, o il più furbo. Nell’era del Click Day non è il merito né la competenza a regalare priorità, né uno stato di necessità conclamato, ma la (buona?) sorte. Milioni di euro estratti quasi a sorte all’interno di una coda di italiani in cerca di un bonus: una immagine triste, proprio nel giorno in cui le chiusure regionali abbasseranno nuove saracinesche.
Nell’Italia Digitale abbiamo però un vezzo: nascondiamo la tristezza dietro parole anglofone, così da isolarle e farci meno male. Questo sarà il giorno del “click day” e del nuovo “lockdown”, probabilmente. Sicuramente è stato il giorno dei “blackout”. Moralmente è un “knock out”. E da domani si ricomincerà, con o senza monopattini, ma con la mobilità dimezzata da una pandemia che promette battaglia ancora a lungo.
Torniamo alle cose serie.