La Digital Tax è tornata la scorsa settimana al centro della discussione pubblica nel vecchio continente quando gli esponenti di alcuni paesi hanno confermato la volontà di introdurla entro fine anno anche in caso di mancato accordo con gli Stati Uniti, dopo che da Washington è giunto un brusco stop alle trattative. Oggi un nuovo capitolo delle complicata vicenda: Italia, Francia, Spagna e Gran Bretagna hanno firmato una lettera inviata alcuni giorni fa a Steven Mnuchin, Segretario al Tesoro dell’Amministrazione USA, confermando di voler adottare un “approccio graduale”.
Digital Tax entro l’anno, ma con un approccio graduale
In ballo ci sono i milioni legati all’attività di giganti d’oltreoceano come Google, Facebook, Microsoft, Amazon e così via che ormai da lungo tempo generano profitti all’interno dei singoli paesi europei, versando poi imposte ritenute troppo contenute. C’è bisogno di un nuovo impianto legislativo strutturato in modo da tener conto delle dinamiche che oggigiorno regolano l’ambito Web e il mercato tecnologico.
Crediamo che un approccio graduale, focalizzato inizialmente sui servizi digitali automatizzati, possa condurre a un accordo politico entro quest’anno. Potrebbe inoltre spalancare la strada a possibili soluzioni transitorie da discutere con gli Stati Uniti, in conformità con le tassazioni nazionali esistenti o in arrivo sui servizi digitali.
A tal proposito gli Stati Uniti hanno seguito una linea non sempre coerente, talvolta dichiarandosi disposti a trovare un accordo per poi fare dietrofront, arrivando in alcuni casi addirittura a minacciare l’introduzione di nuovi dazi per colpire alcuni specifici prodotti esportati dai paesi interessati come nel caso dello champagne francese.