In questo momento particolarmente delicato per l’Italia, sono due i siti istituzionali più importanti in assoluto: il sito del Governo e quello della Protezione Civile. Sono infatti questi i due riferimenti fondamentali, quelli sui quali emergono i numero e muoiono le fake news. Due colonne del potere, due riferimenti politici, civili e morali di una intera nazione. Ma quando gli italiani ci si collegano, scoprono un messaggio particolare dal proprio browser: il sito non è sicuro.
Governo e Protezione civile: siti non sicuri
“Non sicuro“, come da immagine, è il messaggio che qualsiasi utente Chrome (ossia la maggior parte dell’utenza media in Italia: 64,95% stimato) incontra quando prova a navigare sul sito del Governo o su quello della Protezione Civile. Ma cosa significa “non sicuro“?
Il messaggio restituito dal browser è conseguente semplicemente al fatto che il protocollo utilizzato è di tipo HTTP e non HTTPS, il nuovo vero standard per la sicurezza online. “HyperText Transfer Protocol over Secure Socket Layer” è un vero e proprio lucchetto (così come spesso viene identificato sui browser) che certifica l’autenticazione del sito visitato, garantendo che i dati scambiati tra server e utente sono certificati.
Google ha recentemente preso molto sul serio questo aspetto, introiettando nei piani di sviluppo di Chrome una vera e propria roadmap utile a rendere l’https uno standard de facto del Web di domani.
Chrome 81 è già stato rilasciato in giornata, quindi entro un paio di versioni potranno iniziare ad esserci problemi concreti nella navigazione sui due siti indicati, nel download di documenti pdf o (entro l’anno) nella semplice apertura di immagini.
Si tratta di un problema immediatamente grave, urgente, preminente, imprescindibile? No, non lo è in virtù del fatto che trattasi di siti sui quali non v’è uno scambio di informazioni tale per cui un attacco di tipo “man in the middle” possa costituire un pericolo concreto per l’utente. Ed in un momento di epidemia globale, non è questo il problema principale che l’Italia deve affrontare. Tuttavia è esattamente questa la fotografia dell’Italia di ieri, come un orologio fermato al momento della deflagrazione dell’epidemia: è questa la fotografia del modo in cui certi aspetti erano stati fin qui ignorati.
Aspettando il certificato
C’è un filo sottile che divide l’Italia del passato da quella del futuro. Se facciamo individualmente silenzio, in questo silenzio collettivo forse possiamo sentire quel piccolo passo avanti che si sta muovendo. Doveva succedere per visione, per logica, per pianificazione, e invece succede improvvisamente per necessità. Succede che improvvisamente scopriamo che la banda larga è fondamentale, più delle strade e più della televisione. Succede che improvvisamente scopriamo che la didattica a distanza può avere i suoi spazi e che lo smart working non è soltanto chimera d’avanguardia. Succede che improvvisamente “digitale” non è fantascienza, ma concretissimo pane quotidiano che può salvare il Paese.
Improvvisamente comparirà presto o tardi una “s” sull’url di due dei principali siti istituzionali del momento: succederà perché era solo importante averlo, perché non è soltanto esercizio di stile, ma assunzione di responsabilità ed attenzione a particolari che non sono soltanto forma. Succederà perché se vuoi tentare di perseguire le fake news, dovresti prima assicurarti che i tuoi canali siano riferimenti solidi.
Quella piccola “s” dopo “http” è sostanza: è principio, è approccio, è forma mentis. Aggiungerla sarebbe un bel gesto, che non necessita di maggioranza parlamentare e che darebbe un bel segnale per il nuovo cantiere che – tutti assieme – abbiamo bisogno di veder avviato.
Costa nulla. Vale molto.