SIAE e FIMI rispondono a Stefano Parisi, l’AD di Fastweb e presidente di Asstel, che nei giorni scorsi aveva anticipato l’intenzione di estendere l’ equo compenso ai telefonini attraverso un decreto del ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi. La quota spettante ai detentori dei diritti sul prezzo di apparecchi teoricamente utilizzabili per effettuare copie di materiale protetto da proprietà intellettuale, come masterizzatori e videoregistratori, ma anche CD, memory card e hard disk, veniva fortemente criticata dal presidente di Asstel come un attacco diretto all’ICT.
In un comunicato Confindustria Cultura Italia (CCI), che comprende tra le altre FIMI, AGIS, ANICA e UNIVIDEO, ha fatto riferimento direttamente alle parole di Parisi, giudicandole un intervento interessato solo a raccogliere il consenso parlando di argomenti a colpo sicuro: tasse e telefonini, ovvero l’ odi et amo del popolo italiano. Secondo CCI Parisi sorvolerebbe scientemente sulla necessità, sentita da anni, di un decreto che aggiorni i compensi sui supporti e gli strumenti che consentono di realizzare copie ad uso personale in linea con quanto avvenuto in Europa. Sarebbero quattro anni, insomma, che le tariffe non sarebbero adeguate mancando un decreto ad hoc.
Nel comunicato si sottolinea inoltre come Parisi dimenticherebbe inoltre di mettere in luce che i telefonini e gli altri prodotti elettronici, nonostante tale mancanza di equiparazione, costerebbero in Italia già più che all’estero. E, secondo FIMI, potrebbe sostenere che la colpa sia imputabile all’industria dei contenuti “solo chi impunemente aumenta i suoi margini a danno della giusta remunerazione di tutte le altre categorie”.
Dal momento, poi, che un’indagine condotta nel 2009 mostra che i cellulari con supporto multimediale sono più utilizzati (19 per cento) per sentire la musica dello stesso iPod (18 per cento), il lettore maggiormente diffuso, mantenere la differenziazione significherebbe creare una disparità di trattamento fiscale tra prodotti concorrenti.
SIAE, che gestisce un equo compenso di oltre 60 milioni di euro, concorda con FIMI sulla possibilità di estendere il principio ai nuovi apparecchi: innanzitutto sottolinea che non si tratta di una tassa ma di “una remunerazione per il lavoro di autori, editori, produttori, artisti e interpreti”. Non adeguare le tariffe e non allargarle ai nuovi mezzi offerti dalla tecnologia significherebbe a parere di SIAE “penalizzare fortemente l’intera industria italiana dei contenuti” nel quadro di un’anomalia italiana costituita da equi compensi inferiori ma costi maggiori degli apparecchi dell’ICT.
La SIAE ha parlato di nuove tecnologie anche al convegno Anart-Ideona che affrontava il tema dell’autore nella tv (digitale, satellitare e web): è stata l’occasione per ribadire l’impegno preso con l’iniziativa Legal Bay , la piattaforma legale per rispondere alle domande dei “12 milioni – secondo le stime del collettore dei diritti degli autori – di consumatori” che attualmente si rendono pirati in Rete, con un danno di circa “300 milioni di euro”. “Per arginare questo fenomeno – ha detto Virginia Filippi, consulente per la Multimedialità della SIAE – siamo da tempo impegnati su questo fronte in contrapposizione a Pirate Bay”.
Si tratterebbe, a parere della collecting society italiana, di una soluzione di compromesso per ovviare alle difficoltà di controllo poste dall’evoluzione tecnologia, basata in particolare su una licenza unica SIAE con i grandi operatori, “una soluzione – spiega Filippi – simile a quella a suo tempo adottata per combattere, legalizzandole e assoggettandole a imposta, le scommesse clandestine”.
Claudio Tamburrino