L’ex senatore della Lega Achille Ottaviani ha fatto causa a Google e ad altri motori di ricerca rivendicando il diritto all’oblio.
Primo sindaco leghista del Veneto e secondo d’Italia, capogruppo della commissione Agricoltura e Vigilanza Rai per vent’anni, Ottaviani lamenta il fatto che la memoria dei motori di ricerca riporti sempre (e, dice, “solo”) un’autorizzazione a procedere per un reato dal quale è stato “assolto nel lontano 1996 dal Tribunale di Verona con formula piena perché il fatto non sussiste”.
Attraverso gli studi legali Leopizzi del foro di Lecce e Smith, Rogers & Partners di New York, Ottaviani chiede a “questi mostri informatici che usano sistemi inattaccabili e per un certo verso barbari, contro i quali è praticamente impossibile combattere”, 10 milioni di euro come risarcimento per danni morali e materiali.
Cercando oggi su Google il suo nome, la notizia dell’avviso di garanzia appare come terzo risultato e si riferisce ad un articolo datato 1993 contenuto nell’ archivio storico del Corriere della Sera. Su Bing non appare nulla a riguardo nei primi dieci risultati, su Yahoo! vi è il link all’archivio storico del Corriere ma solo nella parte bassa della prima pagina di risultati.
Gli eventuali rimborsi che gli verranno concessi, dice ancora Ottaviani, verranno “interamente devoluti all’associazione dei familiari dei magistrati vittime di mafia”.
Di diritto all’oblio si era in parte parlato in Italia a marzo , quando il giudice del Tribunale di Chieti ha emesso una sentenza nei confronti di una testata online, cui è stato imposto di cancellare un articolo per motivi legali alla privacy e alla reputazione delle persone coinvolte nei fatti raccontati.
Claudio Tamburrino