Una verifica extraprogramma nei confronti di Google Italy srl , finalizzata al riscontro del corretto adempimento dei suoi obblighi fiscali nel Belpaese. La divisione tricolore del colosso di Mountain View è così finita nel mirino della Guardia di Finanza milanese, dopo l’interrogazione presentata alla Camera (Commissione Finanze) dal deputato del Partito Democratico (PD) Stefano Graziano, che si era mosso nei giorni scorsi.
Come evidenziato dal sottosegretario al ministero dell’Economia Vieri Ceriani, tra il 2002 e il 2006 Google Italy avrebbe registrato un reddito imponibile pari a 240 milioni di euro, evitando di versare un valore Iva che supera i 96 milioni di euro . Stando al testo dell’interrogazione di Graziano, la sede irlandese di Google “non presenterebbe dichiarazione dei redditi in Italia perché la filiale milanese farebbe solo assistenza ( marketing services ) per conto di Google Ireland”.
“Al 2006 ad oggi, il fatturato realizzato in Italia sarebbe notevolmente cresciuto – ha spiegato ancora Graziani – Stando ad alcune stime del settore, e tenendo conto che Google Ireland dal 2010 non deposita più il bilancio avvalendosi di una norma locale che le consente di rifarsi a quello della capogruppo americana, in Italia i ricavi avrebbero superato i 400 milioni di euro nel 2009, 550 nel 2011 e probabilmente 700 milioni in quest’anno”.
Per l’Agenzia delle Entrate, è difficile agire contro quelle “società digitali transnazionali” che sfruttano quelle che vengono definite “ingegnerie finanziarie offerte da evidenti lacune nella normativa nazionale ed internazionale” per non pagare le tasse in Italia. Il Fisco tricolore ha così avviato una prima fase di screening sulle attività di gruppi multinazionali attivi nel settore dell’elettronica e dell’e-commerce .
“Rispettiamo le leggi fiscali in tutti i paesi in cui operiamo e siamo convinti di rispettare anche la legge italiana – ha risposto a caldo un portavoce di Mountain View – Continueremo a collaborare con le autorità locali per rispondere alle loro domande relative a Google Italy e ai nostri servizi”. “È normale – spiega ancora Google – che un’azienda sia sottoposta a controlli fiscali ed è da tempo che lavoriamo con le autorità italiane. Ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna richiesta di pagare ulteriori tasse in Italia”.
L’Italia non è il primo paese a mettere sotto controllo le attività fiscali di Google e altri colossi high-tech . Il governo australiano ha intenzione di adottare misure più efficaci che spingano le varie aziende a versare il giusto ammontare di tributi. In Francia, le indagini condotte dalla Direction générale des finances publiques (DGFIP) potrebbe portare ad una maxi-multa per la Grande G, circa un miliardo di euro .
Mauro Vecchio