Il World Economic Forum stila ogni anno un indice che punta a calcolare il livello di innovazione di 133 paesi del mondo: l’Italia scende dal quarantacinquesimo al quarantottesimo posto. Il podio spetta invece a Svezia, Singapore e Danimarca.
Solo quinti gli Stati Uniti, primi per l’utilizzo IT nelle imprese, quarti per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, ma lontani dalle prime posizioni (solo settantaduesimi) per quanto riguarda l’adozione tecnologica da parte dei singoli cittadini.
Tra i “paesi ad alto reddito”, l’Italia è trentanovesima, dietro si ritrova Croazia, Slovacchia e Grecia. Se poi si considerano solo le tecnologie digitali adottate nella PA, il Belpaese si posiziona all’ottantasettesimo gradino: una discesa vertiginosa rispetto al trentunesimo posto del 2002. Considerando poi la diffusione e la prontezza di risposta all’innovazione digitale lo Stivale scivola dal quarantunesimo al centoventesimo.
La statistica viene stilata attraverso questionari con cui dirigenti aziendali o esperti delle varie nazioni esprimono le proprie opinioni che vengono pesate per generare un indice: il metodo quindi è soggetto a un minimo di discrezionalità di opinione. Tuttavia la metodologia impiegata è uniforme nel corso degli anni, per cui i risultati sono omogenei e quindi paragonabili anno dopo anno.
Pur con la prudenza con cui devono dunque essere accolte tali classifiche internazionali, il dato confermerebbe “il continuo scivolamento del nostro paese verso posizioni di assoluto ritardo sull’innovazione tecnologica”, ha commentato Ennio Lucarelli, il delegato di Confindustria per le tecnologie digitali per le imprese. Perdita di posizioni, oltretutto, costante da dopo il 2006 e in controtendenza rispetto alle altre principali economie mondiale , le quali “tendono a scalare la classifica in senso inverso”.
Claudio Tamburrino