Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato un ambizioso programma fatto di idee per rinnovare la scuola : si chiama “La Buona Scuola” e raccoglie diverse proposte (suddivise in 12 punti) per rilanciare e riformare l’istruzione. Ed un ruolo fondamentale sembra essere assunto dal digitale.
Per alcuni si tratta di promesse tanto allettanti quanto poco concrete (anche perché mancano ancora le coperture economiche), per altri di una nuova strada per introdurre cambiamenti senza imporli dall’altro: d’altra parte, non si tratta di una vera e propria riforma, come spiega Renzi, né “di un adempimento burocratico, non un libro dei sogni. Un patto”, nel bene e nel male.
Quelle di “La Buona Scuola”, insomma, sono in realtà solo linee guida, sulla scorta delle quali il Governo vuole cercare di coinvolgere gli interessati in un dibattito e delineare così nel dettaglio le necessità su cui intervenire . Comunque, offre già un quadro di riferimento con ambiziosi obiettivi, tra cui quelli legati alla banda larga veloce nello scuole, al WiFi programmabile per classe, all’introduzione dell’insegnamento della programmazione e al traghettamento della burocrazia e della struttura del Ministero dell’Istruzione e di tutte le scuole italiane nell’era digitale.
Il progetto-proposta del Governo, parte dall’idea di “disegnare insieme i nuovi servizi digitali per la scuola per aumentare la trasparenza e diminuire i costi”: si tratta di un vero e proprio appello per uno “sforzo collettivo, un’iniziativa nazionale di co-investimento”, “in sinergia tra risorse nazionali, regionali e private”.
Nel dettaglio del programma per quanto riguarda il WiFi si parte dallo slogan “connettere per aprire” e si cerca di invertire la tendenza rispetto al recente passato: sia rispetto a quello che non si è fatto, sia rispetto a quello che si è fatto.
La nuova innovazione non passa – si legge al punto 3.5 del programma quadro – per le famigerate Lavagne Multimediali, definite ora ingombranti sia finanziariamente che fisicamente, ma per la diffusione della Banda Larga e l’introduzione del WiFi programmabile in ogni classe (con la possibilità, cioè, di disattivazione quando necessario).
È solo su questo fronte che si parla di copertura economica: sarà finanziato un nuovo bando per il WiFi nelle scuole anche per il 2015 e il 2016, per un totale di circa 15 milioni di euro , programma che dovrà essere affiancato a quelli portati avanti dalle singole regioni.
D’altronde c’è bisogno della massima sinergia per disinnescare il digital divide scolastico: ad oggi solo il 10 per cento delle scuole primarie ed il 23 per cento di quelle secondarie è connesso ad Internet con rete veloce , mentre le altre spesso hanno connessioni medio-lente che nella maggior parte dei casi arrivano a collegare solo pochi uffici amministrativi.
La questione dei dispositivi per permettere l’accesso digitale degli studenti, poi, si baserà sulla logica di device mobile per la didattica e sulla possibilità di adottare la modalità BYOD ( Bring Your Own Device ), che lega possibili incentivi all’acquisto alla considerazione circa la reale diffusione dei dispositivi tecnologici tra i più giovani.
Sul fronte della digitalizzazione, inoltre, la “Buona Scuola” esprime la necessità di digitalizzare le procedure a partire dall’amministrazione centrale del Ministero dell’Istruzione: a partire dall’introduzione di una gestione delle conoscenze create basata sull’open data, fino ad arrivare al miglioramento di Scuola in Chiaro , piattaforma già utilizzata da ogni famiglia Italiana per l’iscrizione online dei propri figli ma che dovrà puntare a diventare centrale nella condivisione della cultura. Sempre online, poi, dal 2015 dovranno essere i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati), nonché un registro nazionale dei docenti per aiutare i presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa.
Non viene detto nulla circa le difficoltà informatiche e di aggiornamento che già adesso riscontrano i docenti italiani.
Alcune delle novità più interessanti dal punto di vista della digitalizzazione riguardano poi le possibili nuove materie: oltre all’aumento delle ore di storia dell’arte, all’introduzione dell’educazione e alla cittadinanza digitale (di cui si era già fatta portavoce la deputata PD Anna Ascani), nonché all’accento sulle lingue straniere, si parla di un approfondito insegnamento dell’economia e soprattutto dell’ introduzione nel programma scolastico del coding .
Questa materia potrebbe diventare centrale nell’alfabetizzazione digitale: d’altronde, si legge ancora, “la scuola ha il dovere di stimolare i ragazzi a capire il digitale oltre la superficie. A non limitarsi ad essere consumatori di digitale. A non accontentarsi di utilizzare un sito web, una app, un videogioco, ma a progettarne uno. Perché programmare non serve solo agli informatici. Serve a tutti, e serve al nostro Paese per tornare a crescere, aiutando i nostri giovani a trovare lavoro e a crearlo per sé e per gli altri”.
L’idea, dunque, è quella di sviluppare un piano nazionale che consenta di introdurre la programmazione nella scuola italiana già a partire dalla primaria: “Vogliamo che nei prossimi tre anni in ogni classe gli alunni imparino a risolvere problemi complessi applicando la logica del paradigma informatico anche attraverso modalità ludiche (gamification)” e già a partire “dall’autunno, dopo Stati Uniti e Inghilterra, lanceremo in Italia l’iniziativa Code.org, aggregando associazioni, università e imprese, in una grande mobilitazione per portare l’esperienza nel maggior numero di scuole possibili”.
Su tutti questi punti si aprono ora due mesi di “campagna di ascolto” nelle scuole: “Leggetelo, approfonditelo – dice Renzi – discutetelo. Poi nella legge di stabilità entro l’anno mettiamo i soldi che servono, per questo progetto e per l’edilizia scolastica. Da gennaio i testi di legge”.
Claudio Tamburrino