Il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto che contiene diverse norme finalizzate alla lotta al terrorismo, preannunciato all’indomani dei fatti di Parigi e della strage presso la redazione di Charlie Hebdo. Tra le misure che puntano a colpire le reti internazionali del terrore sono previsti maggiori poteri per i servizi segreti, un nuovo reato correlato all’espatrio per combattere (con pena massima di 10 anni per i “lupi solitari”, coloro cioè che si autoaddestrano all’uso delle armi), ed in più trovano spazio anche diverse norme relative specificatamente ad Internet.
In particolare, come appena stabilito anche dalla Francia, il decreto costituisce una vera e propria lista nera che ha l’obiettivo di oscurare quei siti che inneggiano ai kamikaze : per farlo si punterà a stilare la black list dei siti che inneggiano al terrorismo dando all’autorità competente il poteri di oscurarli (eventualmente tramite blocchi DNS).
Si tratta di un metodo, quello della blacklist, già utilizzato in Italia per i siti pedopornografici , quelli dedicati al gioco d’azzardo non contemplati da AAMS e, per quanto riguarda i contenuti protetti da proprietà intellettuale, le questioni affrontate dal regolamento Agcom .
Per i siti con contenuti che inneggiano al terrorismo, stando alle anticipazioni relative al decreto, la lista sarà redatta su indicazione del giudice e contenuta in un “elenco costantemente aggiornato dal Servizio Polizia Postale e delle Telecomunicazioni della Polizia di Stato”, e da quella si procederà con le richieste ai provider. Questo significa un meccanismo a due fasi: la prima è in capo al Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) che avrà il compito di individuare i sospettati, il secondo è il passaggio dal giudice ai provider per cui per il momento non vi sono parametri di riferimento . Nel caso di inosservanza da parte degli ISP, si spiega, “è la stessa Autorità Giudiziaria a disporre l’interdizione dell’accesso ai relativi domini internet”.
Il decreto prevede inoltre “aggravamenti delle pene stabilite per i delitti di apologia e di istigazione al terrorismo commessi attraverso strumenti telematici”.
Il problema è che – a differenza dei contenuti pedopornografici – si tratta di reati dai confini sfrangiati: il confine tra apologia, istigazione al terrorismo e semplice opinione rischia di essere davvero labile e di comprimere spazi di libertà.
Claudio Tamburrino