La recente approvazione da parte di Agcom degli aumenti relativi ai canoni per l’Unbundling per il 2011 e il 2012 non piace a nessuno degli operatori, e rischia di creare un nuovo intoppo nella trattativa che dovrebbe portare al passaggio alla rete di nuova generazione.
I primi aumenti calcolati dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni erano stati bocciati dalla UE, che non riteneva che il regolatore italiano avesse utilizzato “i dati di una società efficiente che gestisce una rete in rame di nuova costruzione”. Così Agcom era stata costretta a diminuirli e ad esplicitare gli obblighi previsti a carico di Telecom Italia, prerequisiti all’introduzione degli aumenti.
L’Ad di Telecom Franco Bernebè si è detto “sorpreso” dai nuovi risultati che sarebbero diversi da quelli a cui porterebbe il modello di calcolo adottato e già accettato dalla UE. La telco, in ogni caso, “prende atto” della decisione dell’Autorità che, però, sarebbe andata al di là di quanto appuntato dalle istituzioni europee che si erano limitate a chiedere maggior attenzione nel calcoli dei costi di manutenzione correttiva e costi commerciali.
D’altra parte Fastweb, Vodafone, Wind e Tiscali hanno commentato addirittura “con rammarico” la decisione Agcom, non escludendo la possibilità di “avviare le opportune azioni nelle sedi competenti” (il TAR): la conferma dell’aumento del canone, secondo loro, “ignora del tutto gli elementi forniti dagli operatori alternativi e favorisce l’operatore dominante sul mercato”, rafforzandone ulteriormente la posizione.
La nuova diatriba, almeno a parole, riallontana i protagonisti del settore che avevano da poco raggiunto un primo accordo (per le infrastrutture passive) nella lunga trattativa che dovrebbe portare all’avvio della costruzione della rete di nuova generazione.
Intanto, a far calare la temperatura nel settore anche l’ entrata nel vivo del dibattito sul destino dei 2,4 miliardi di euro attesi dall’asta sulle frequenze liberate con il digitale, la cui eventuale attribuzione a favore di spese “ordinarie” previste in finanziaria non farebbe altro che “peggiorare l’indebitamento netto strutturale”. Peggiorando, di fatto, la situazione finanziaria del settore.
Claudio Tamburrino