È successo di nuovo. È stato disposto il sequestro di un intero blog nell’ambito di un procedimento penale volto ad accertare se attraverso un pugno di post sia o meno stata posta in essere una diffamazione.
Il Dr. Giancarlo Mancusi, lo stesso Pubblico Ministero in forza presso la Procura della Repubblica di Bergamo, già protagonista del rocambolesco sequestro della Baia dei Pirati, questa volta ha chiesto, ottenuto ed eseguito il sequestro de www.il-giustiziere-lafabbricadeimostri.blogspot.com , un blog di Stefano Zanetti, sociologo e blogger. Ancora una volta – esattamente come già accaduto nella vicenda di The Pirate Bay – il Giudice, accogliendo l’istanza del PM ha ordinato il sequestro preventivo del blog ” disponendo che i provider operanti sul territorio dello Stato italiano inibiscano ai rispettivi utenti l’accesso all’indirizzo www.ilgiustiziere-lafabbricadeimostri.blogspot.com, ai relativi alias e collegamenti URL presenti e futuri rinvianti al sito medesimo, nonché all’indirizzo IP statico che al momento risulta associato ai predetti nomi e collegamenti URL ed ad ogni ulteriore indirizzo IP statico associato ai nomi stessi “.
Il PM, tuttavia, questa volta, si è forse reso conto di aver esagerato nella richiesta e, rilevato che l’esecuzione integrale del provvedimento avrebbe potuto comportare ” l’oscuramento dell’intera piattaforma blogspot con ogni conseguente ripercussione – di segno negativo – sui numerosi blog estranei alle condotte criminose contestate “, nel dettarne le misure di attuazione, ha fortunatamente ritenuto di limitare l’esecuzione del sequestro ” al momento – (n.d.r. quasi si riservasse, in un momento successivo di non accontentarsi ed andare oltre) all’oscuramento del blog interessato dal provvedimento cautelare “.
Anziché ordinare a tutti i provider italiani di rendere inaccessibile il blog, quindi, il PM ha chiesto alla Guardia di Finanza di ordinare a Google di ” inibire l’accesso al blog oggetto di sequestro e soltanto ad esso “.
Detto, fatto. Il blog di Stefano Zanetti è attualmente irraggiungibile e chiunque provi ad accedervi si vede, semplicemente, rispondere da Google: ” il blog che stavi cercando non è stato trovato “.
Sarà il processo – come è giusto che sia – a far chiarezza sulla sussistenza o meno della diffamazione contestata al Dr. Zanetti ed ad accertare la sua eventuale responsabilità ma, ora, il punto è un altro. Il PM con il suo provvedimento – nonostante la nobile preoccupazione di risparmiare l’oscuramento all’intera piattaforma blogspot ed ai milioni di blog su di essa ospitati – ha reso inaccessibili centinaia di post già pubblicati sul blog oggetto di sequestro in anni di attività e, soprattutto, precluso a Stefano Zanetti di poter continuare a dire la sua e, quindi, manifestare liberamente il proprio pensiero salvo, ovviamente, rispondere di eventuali abusi.
Si tratta di una decisione inammissibile e di un episodio – purtroppo non il primo nel nostro Paese – di inaudita gravità.
L’ art. 321 del codice di procedura penale, infatti, prevede che ” Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato “.
La “cosa pertinente al reato” suscettibile, nel caso di specie, di ” aggravare o protrarre le conseguenze di esso “, tuttavia, sono evidentemente i singoli post che si assumono diffamatori e, certamente, non l’intero blog.
È un concetto semplice e, sorprende che sul punto continui ad esserci spazio per errori grossolani e fraintendimenti. Disporre il sequestro di un intero blog e mettere a tacere un blogger, precludendogli di continuare a scrivere e dire la sua ha più il sapore di una sanzione preventiva – rispetto al processo – che di una misura cautelare ed è un po’ come se si stesse anticipando un giudizio addirittura sulla “tendenza a delinquere” del blogger ovvero a diffamare e, dunque, si ritenesse opportuno imbavagliarlo prima che offenda ancora.
Ancora una volta, l’informazione online è trattata da “figlia di un Dio minore”: sempre più obblighi ed oneri sulle spalle di blogger e web tv e sempre meno diritti e libertà. Proprio negli ultimi giorni, infatti, si sono registrati almeno due inquietanti episodi sintomatici di tale tendenza.
Dapprima l’AGCOM nel pubblicare i regolamenti di attuazione del Decreto Romani ha manifestato l’intenzione di pretendere più o meno da chiunque diffonda contenuti audiovisivi online la richiesta di un’autorizzazione, il pagamento di un importo di 3000 euro e, quindi, l’adempimento di tutta una serie di stringenti obblighi burocratico-amministrativi nonché del famigerato obbligo di rettifica di cui alla vecchia legge sulla stampa.
Nei giorni scorsi poi , l’On. Bongiorno, Presidente della Commissione Giustizia della Camera, dichiarando inammissibili gli emendamenti al comma 29 del c.d. DDL (anti) intercettazioni, ha reso ancor più attuale il rischio che la norma divenga presto legge e, che, di conseguenza, l’intera blogosfera italiana si ritrovi assoggettata all’obbligo di rettifica “sotto minaccia” di una sanzione fino a 12mila e 500 euro, ovvero, la stessa che la legge prevede per gli editori.
Sempre più obblighi, doveri e, dunque, disincentivi ad informare per passione e non per mestiere ed a dire la nostra e, ad un tempo, sempre meno diritti. Il sequestro anche di una sola pagina di un giornale è precluso addirittura dalla carta costituzionale mentre il sequestro di un intero blog si avvia a diventare nel nostro Paese la regola.
Occorre ripristinare senza ritardo quel principio vecchio ma immortale contenuto nell’art. 19 della dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, secondo il quale ” Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere ” salvo, naturalmente, rispondere degli eventuali abusi.
Il punto è esattamente questo: non si tratta di sollevare la blogosfera da ogni responsabilità e riconoscerle il diritto di violare gli altrui diritti ma, piuttosto, garantire, senza esitazioni né incertezze, a tutti i cittadini italiani, il diritto di usare la Rete per dire la loro e diffondere le loro idee. Sembra facile e, forse, persino ovvio ma, sfortunatamente, dopo anni di TELE-COMANDO non è così ed in molti, forse troppi, continuano a pensare che la Rete possa accendersi e spegnersi con un pulsante come una TV e che la scelta dipenda debba dipendere dai soliti noti.
Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it