La maggior parte dei cittadini italiani non usa Internet. Il 56 per cento non si collega, contro il 40 per cento della media europea. È questo uno dei dati più rilevanti contenuti nel Rapporto 2008 presentato ieri da Assinform , un dato che disegna un’Italia che fatica ad entrare nell’era digitale, dove le idee scorrono meno rapidamente che altrove e toccano un minor numero di persone, dove l’e-commerce stenta ad affermarsi con tutte le conseguenze del caso sullo sviluppo economico e sull’ambiente, dove persino l’uso dell’internet banking rimane in fondo alle classifiche europee.
L’Associazione delle aziende tecnologiche italiane non lascia spazio ai dubbi: gli italiani in rete ci vengono poco e salvo una percentuale di heavy user molto attrezzati a inseguire l’innovazione, addirittura più di quanto accada mediamente in Europa, il grosso dell’utenza si muove pesantemente e di rado abbraccia con entusiasmo i nuovi canali . Una realtà con cui devono fare i conti le imprese che investono in rete e in tecnologia ma anche le pubbliche amministrazioni.
Andando ai numeri, la percentuale di popolazione con “elevate capacità di utilizzare Internet” è al 9 per cento contro l’8 della media europea, subito sotto la Francia, che arriva al 12 per cento. L’e-commerce riguarda il 2 per cento del venduto, contro l’11 per cento della media UE, e i servizi bancari online vengono usati dal 12 per cento della popolazione contro il 25 del dato comunitario.
“Siamo in ritardo sulla media dell’Europa a 27 per l’utilizzo dei servizi online: nella PA è al 17 per cento a fronte di una media europea del 30 per cento, e con un gradimento dei cittadini in diminuzione”, ha spiegato Ennio Lucarelli, presidente Assinform, secondo cui c’è sì un “grave ritardo di innovazione” ma anche “potenzialità inespresse”. Da un lato una popolazione sempre più anziana, una scuola e un apparato formativo “non all’altezza”, dall’altro però anche molti utenti attratti dalle nuove tecnologie, un 9 per cento, come detto, che “entra in netto contrasto con l’assenza di attenzione politica e di incentivi sull’innovazione”.
Questi dati secondo Lucarelli indicano infatti uno sviluppo digitale italiano “che avanza in modo frammentario e discontinuo, privo di una politica economica capace di puntare sull’IT in termini strategici come invece è avvenuto e avviene in altri paesi”. Non aver posto l’ICT al centro dello sviluppo del paese è stato un grave errore, è stato detto ieri, perché per anni, negli anni cruciali, si sono scelte altre strade, o non si sono scelte affatto, mentre tutti i principali paesi e partner europei investivano sempre di più sulle tecnologie dell’informazione. “A fronte dei programmi quadro comunitari per lo sviluppo dell’innovazione tecnologica, in Italia dieci anni di spesa IT ben al di sotto della media europea hanno reso la nostra economia rigida, limitandone le capacità di crescita e di reazione ai cambiamenti”.
Altri numeri raccolti da Assinform la dicono lunga: nel 1998 il Belpaese spendeva in IT l’1,5 per cento del valore del PIL a fronte di una media europea del 2,3 per cento. Nel 2007 la spesa è stata dell’1,7 per cento del PIL. Questo significa che in dieci anni gli investimenti sono aumentati di 2 decimi di punto percentuale contro i 5 decimi della media europea. Se poi si va ai singoli paesi si scopre che questo dato in Francia è stato di 8 decimi, in UK di 6 decimi e in Germania di 5 decimi, con un valore complessivo sul PIL rispettivamente del 3,1 per cento, 3,5 e 2,9.
“E chi in questi anni ha investito di più in tecnologie informatiche – ha sottolineato Lucarelli – ha ottenuto anche importanti ritorni sulla produttività”. Tra il 2000 e il 2007, per Francia, Germania, USA e UK la produttività è aumentata con ritmi compresi tra il 7 e il 14 per cento, sostenuta da una crescita cumulata degli investimenti IT altrettanto elevata, tra il 16 e il 38 per cento. Nello stesso periodo la media europea di crescita della produttività è stata dell’8 per cento, quella della spesa IT intorno al 30, mentre in Italia l’aumento della produttività non è riuscito a superare il 2, a fronte di una crescita cumulata degli investimenti IT poco sopra il 5.
Scendendo invece più nello specifico, a comprare maggiormente tecnologie informatiche sono banche e industria , con un incremento per quest’ultima giudicato modesto ma incoraggiante. La pubblica amministrazione centrale ha visto nel decennio 1998-2007 un aumento della spesa del 2,8 per cento (ma un -3,2 viene segnato tra il 2006 e il 2007). Diversi gli andamenti nella PA locale, in rallentamento nell’ultimo anno ma a +8 per cento nel decennio.
Rimane in questo senso gravissimo il problema dell’ affidamento delle commesse alle società IT interne : da anni Assinform denuncia l’enorme quantità di spesa pubblica che viene sottratta al mercato della concorrenza e affidata a quello protetto delle società in-house, che sono espressione delle stesse amministrazioni e non operano in un clima di competizione. “Il problema – ha ribadito ieri per l’ennesima volta Lucarelli – non è solo la scarsità degli investimenti, ma anche la qualità. Oggi il 60 per cento della spesa IT rimane intrappolata nel circolo auto-referenziale delle società pubbliche in house: un fenomeno che caratterizza il nostro Paese e coinvolge soprattutto le amministrazioni locali; monopoli e mancanza di concorrenza finiscono spesso per generare deficit d’innovazione e distorsioni, come nel caso dei ritardi nei tempi di pagamento pubblici verso i fornitori che, nell’Informatica, vengono ulteriormente dilatati dall’intermediazione delle società pubbliche in house, le quali in media pagano con oltre 8 mesi di ritardo i loro fornitori”.
Ad investire in IT nel decennio è stato anche il comparto delle telecomunicazioni , che ha dovuto modernizzarsi per offrire i nuovi servizi su fisso e mobile. Ma aumenta anche la spesa della distribuzione mentre è modesta tra il 1998 e il 2007 la crescita della spesa ICT nel settore dei servizi.
A sorprendere gli esperti è invece la spesa ICT dei cittadini italiani , cresciuta del 10,5 per cento nell’ultimo anno. La loro spesa vale un miliardo di euro.
Assinform si augura a questo punto nuove misure “coerenti e sistematiche”, in particolare – ha dichiarato Lucarelli – “ci aspettiamo un coordinamento fra la riforma digitale della PA del Ministro Brunetta, destinata a produrre nuova domanda d’innovazione IT, e lo sviluppo del Progetto Made in Italy 2015 promesso dal Ministro Scajola, che dovrebbe ripartire al più presto includendo l’informatica come area strategica d’innovazione industriale. Ci aspettiamo la liberalizzazione dell’informatica pubblica locale e regionale con l’in house che diventa l’eccezione e le gare a evidenza pubblica la regola. Ci aspettiamo che il processo di infrastrutturazione avanzata venga sostenuto per abbattere il digital divide a tutti i livelli, inclusa l’alfabetizzazione informatica di quella parte della popolazione altrimenti esclusa. Le imprese IT sono pronte a contribuire ai grandi progetti per ammodernare il Paese con il proprio impegno d’innovazione e con la loro diretta partecipazione allo sforzo finanziario”. Mercato italiano dell’Ict nel 2007: +0,9 per cento
Nel 2007 il mercato aggregato dell’ICT (informatica + telecomunicazioni) ha raggiunto i 64.390 milioni di Euro (+0,9 per cento). Il minor dinamismo rispetto al 2006, quando era cresciuto del 2 per cento, è spiegabile con il ristagno del comparto delle telecomunicazioni, tant’è che per il secondo anno consecutivo le dinamiche appaiono rovesciate rispetto al passato, con l’informatica a trainare e le telecomunicazioni ad arrancare.
Mercato italiano dell’informatica nel 2007: + 2 per cento
Nel 2007 il mercato italiano dell’informatica ha raggiunto i 20.190 milioni di euro in crescita del 2 per cento sull’anno prima, consolidando il recupero del 2006 (+1,6 per cento) sull’onda del mercato consumer e di una ripresa moderata, ma generalizzata degli investimenti IT da parte delle imprese.
La domanda consumer, e cioè delle famiglie, è cresciuta del 10,5 per cento, raggiungendo una quota di mercato complessiva del 5,2 per cento sulla spinta della domanda di personal computer.
Quanto alle imprese, cui è ascrivibile quasi il 95 per cento del mercato IT, è da rilevare che le dinamiche d’investimento, per quanto contenute, sono state positive in tutte le classi dimensionali. Sono infatti cresciuti sia gli investimenti IT delle grandi imprese (10.873 milioni, +1,7 per cento, contro l’1,3 per cento del 2006 e lo 0,9 per cento del 2005), delle medie (4.767 milioni, +1,9 per cento, contro l’1,8 per cento, del 2006 e l’1,7 per cento del 2005) e anche delle piccole (3.495 milioni + 0,6 per cento, contro il modesto 0,3 per cento del 2006 e il calo dell’1,4 per cento del 2005).
Ancora per quanto riguarda le imprese, la ripartizione della domanda per classi dimensionali vede ancora largamente al primo posto le grandi, con oltre 250 addetti (con una quota di mercato del 56,8 per cento), seguite dalle medie, con 20-249 addetti (24,9 per cento) e dalle piccole sino a 49 addetti (18,3 per cento), con una domanda ancora proporzionalmente molto inferiore al loro peso, sia in chiave di contributo al PIL che di occupazione. Quest’ultimo dato lascia intravedere quale impulso potrebbe avere il mercato IT e la stessa efficienza delle PMI qualora esse fossero indirizzate ad investire di più in sistemi e applicazioni commisurate alle loro esigenze.
Dal punto di vista della qualità della domanda, trainante continua a essere la crescita l’hardware, + 4,8 per cento, cui ha molto contribuito la persistenza della domanda di personal computer (+13,1 per cento in unità e +5,5 per cento in valore).
Lo spaccato della domanda per settori d’utenza conferma il ruolo trainante delle banche (4.578milioni, +1,7 per cento) dell’industria ( 4.157milioni, + 2,0 per cento) e delle aziende della distribuzione (2.293milioni, +3,2 per cento) e dei servizi (2.218milioni, +2,2 per cento) e del comparto assicurativo e finanziario (997Milioni, +2,9 per cento) per l’effetto combinato di dinamiche e peso. Nel settore pubblico la PAL ha fatto registrare progressi apprezzabili (+2,4 per cento), mentre l’Amministrazione Centrale ha fatto registrare addirittura un calo della spesa del 3.2 per cento.
Mercato italiano delle Tlc nel 2007: +0,4 per cento
Nel 2007, il mercato italiano delle telecomunicazioni (apparati, terminali e servizi per reti fisse e mobili) ha generato un business di 44.200 milioni di euro, con aumento di un magro 0,4 per cento sul 2006. Hanno pesato la contrazione degli investimenti in apparati e infrastrutture (9.620 milioni, -0,7 per cento) e il continuo calo dei servizi su rete fissa, che hanno cancellato gli effetti della continua, anche se oramai attenuata, progressione dei servizi su rete mobile, e della crescita dei servizi a valore aggiunto su entrambe le reti, fissa e mobile.
Le mobili hanno generato una domanda complessiva (infrastrutture, apparati, terminali e servizi) di 24.070 milioni di euro, in crescita dell’1,8 per cento (contro +4,5 per cento del 2006), mentre le fisse sono scese a 20.130 milioni (-1,3 per cento, dopo il -0,4 per cento del 2006). Nel 2007 le linee mobili sono ancora cresciute, risultando ben 90,7 milioni (+10,8 per cento) e con un incremento di poco inferiore a quello del 2006 (+13,4 per cento), e risulta in aumento (2,2 per cento) anche il numero degli utenti attivi: 45,9 milioni. Quest’ultimo dato è quello che spiega la crescita del business complessivo del mobile, visto che gli investimenti in infrastrutture non progrediscono e che la spesa per utente attivo è cresciuta di poco.
Le fisse hanno visto contrarsi anche la componente di servizio (16.070 milioni, -1,5 per cento). Il dato evidenzia, come già negli ultimi anni, il calo nelle componenti più mature – voce e trasmissione dati – solo parzialmente compensato dalle componenti legate ai servizi a valore aggiunto e alle connessioni Internet (2780 milioni, +8,2 per cento). Quanto a queste ultime, è positivo l’incremento del numero di accessi ad alta velocità, risultati a fine 2007 pari a 10,1 milioni (18,7 per cento), 9,8 dei quali in modalità xDSL (+19,2 per cento) e di circa 340mila su fibra ottica (+5,6 per cento).
Nel complesso e al netto della componente infrastrutturale, il peso della domanda consumer è cresciuto ancora, risultando pari a poco meno del 64 per cento (contro il 62,7 del 2006 e il 62,1 per cento del 2005). Questo per effetto di una domanda espressa dalle famiglie, che nel 2007 è cresciuta del 2,9 per cento attestandosi 25.415 milioni, mentre quella dell’utenza business è scesa del 2,3 per cento, a quota 14.385 milioni, confermando una tendenza di lungo periodo legata in parte all’adozione di soluzioni di fonia su IP in parte alla rivisitazione al ribasso delle tariffe per servizi fissi e mobili. In Italia la dinamica dell’ICT è risultata ancora una volta al di sotto di quella rilevata alla scala mondiale (+5,5 per cento), nonostante l’interesse diffuso all’Information Technology. Dal 2005 al 2007, la penetrazione del cellulare nelle famiglie italiane è infatti passata dall’80,8 all’ 85,5 per cento, quella del PC dal 43,9 per cento al 47,8 per cento e quella di Internet dal 34,5 per cento al 38,8 per cento, lasciando intendere che la cosa che manca è un quadro di riferimento che favorisca l’uso dell’ICT nel sistema produttivo.
Dinamiche di mercato
Più in particolare, sulla base dei dati 2007:
– Il mercato italiano complessivo dell’ICT (64,4milioni) si colloca in Europa solo al quarto posto per dimensioni – Germania (149,4 milioni, -1,7 per cento), Regno Unito (128, 5milioni, +2 per cento), Francia (107,4milioni, +2,2 per cento) – e, anche per dinamismo, visto che a questo riguardo supera la Germania, ma si fa precedere dalla Spagna ( 48,3milioni, +4,5 per cento). Ma più significativo ancora è il fatto che l’incidenza della spesa ICT sul PIL non superi nel caso dell’Italia il 4,8 per cento, contro 5,6 per cento medio dei paesi europei
– Il mercato italiano IT fa sì rilevare una crescita apprezzabile (+2 per cento), ma che non regge il confronto con quella media dei paesi europei (+4,7 per cento), anche alla luce del maggior divario fra tassi di crescita (per l’Italia 2,7 punti percentuali in meno nel 2007, contro 2,1 nel 2006). Deludente è anche il confronto con i stessi paesi europei con cui si confrontiamo: il nostro +2 per cento, va confrontato infatti con il +4,6 per cento Francia, il +4,7 per cento Germania, il +5,1 per cento Regno Unito e il +6,7 per cento della Spagna
– Il mercato delle telecomunicazioni, oltre a mostrare un ristagno, vede un disallineamento in negativo della crescita rispetto allo scenario internazionale per la componente infrastrutturale, che è poi quella che condiziona l’evoluzione del sistema. Dopo il quasi allineamento (attorno al + 3 per cento) con le dinamiche mondiali nel 2005, si è passati ad una frenata del -3,1 per cento nel 2006 e del -4,7 per cento nel 2007, contro rispettivamente il + 6,3 per cento il +4,1 per cento registrati a livello mondiale.
Fruizione dei servizi in rete
Anche per Internet, il progresso registrato in Italia si ridimensiona di molto se confrontato con quello degli altri paesi avanzati. Più un particolare, l’Italia:
– è ancora lontana dal top della classifica dei paesi per percentuale d’accesso della popolazione alle connessioni in banda larga. Il suo 17,1 per cento va infatti confrontato con 20 per cento medio dell”Europa, e con il 31 per cento della Svezia, il 25,8 per cento del Regno Unito, il 23,8 per cento della Germania, il 23,3 per cento della Francia e il 18,3 per cento della Spagna.
– risulta sì ben piazzata sul fronte dell’offerta di servizi di e-government ai cittadini (58 per cento di enti attivi, contro il 51 per cento medio in Europa) e alle imprese (88 per cento di enti attivi, contro il 75 per cento medio in Europa), ma non per la sua capacità di farli utilizzare dal grosso della cittadinanza. E infatti mentre nel caso delle imprese l’utilizzo è ragguardevole (84 per cento delle imprese), nel caso dei cittadini, la fruizione non supera il 17 per cento de potenziali interessati (contro il 30 per cento medio europeo)
– presenta una percentuale di utilizzatori di Internet sulla popolazione che non supera il 34 per cento, contro il 51 per cento medio europeo (e, per fare solo alcuni casi, il 75 per cento della Svezia e il 44 per cento della Spagna)
– si colloca nella parte bassa della classifica per utilizzatori di servizi di Internet banking, con una percentuale di utilizzatori sulla clientela che non supera il 12 per cento, contro il 25 per cento medio europeo
– è ancora in ancora in coda alla classifica per utilizzo di servizi di e-commerce, visto che esso non pesa per più del 2 per cento del fatturato delle imprese italiane, contro l’11 per cento medio delle imprese europee. L’andamento del mercato ICT nel primo trimestre 2008 ha mostrato tendenze simili a quelle rilevate per lo stesso periodo dell’anno precedente. Più in particolare, si è rilevata una stagnazione complessiva a livello aggregato (15.497 milioni di Euro, in calo dello 0,4 per cento), per effetto di un calo dell’1,1 per cento del business delle telecomunicazioni in tutte le sue componenti, non compensato dal progresso dell’1,2 per cento del business dell’informatica.
Le previsioni per il 2008
L’andamento rilevato nel primo trimestre del 2008 sconta fattori di brevissimo periodo che appaiono destinati ad essere in parte riassorbiti in corso d’anno, in una prospettiva più favorevole. E infatti, per l’intero 2008 Assinform ha oggi aggiustato in meglio le previsioni formulate tre mesi fa, che indicavano una crescita complessiva del mercato ICT nel 2008 non superiore a 1,9 punti percentuali.
Oggi le stime puntano su una crescita del mercato ICT (aggregato informatica e telecomunicazioni) dell’ordine del 2,4 per cento, di 1,5 punti percentuali in più rispetto al 2007. Questo porterà il mercato ICT al valore complessivo di 65.949milioni, ma più che altro per effetto di una ripresa sul fronte delle telecomunicazioni. Per queste ultime è prevista una crescita del 2,8 per cento, a 45.430 milioni, mentre per l’informatica, l’attuale situazione congiunturale lascia presagire una crescita lievemente inferiore a quella del 2007, pari all’1,6 per cento e per valori pari a 20.519 milioni.