Il governo italiano sta cercando un nuovo modo per intervenire sulla tassazione delle aziende del web : potrebbe intervenire sul concetto di “stabile organizzazione”.
Per il momento sembra tramontata , o meglio accantonata, la cosiddetta Web Tax (o Google Tax) l’imposta che voleva imporre l’obbligo di partita IVA italiana, rimodulando su di essa la materia della fiscalità dell’ecommerce.
Ciò non significa che il Governo abbia finito le frecce al suo arco per cercare di centrare il bersaglio della tassazione delle aziende del Web, ed in particolare di quelle come Google che, potendo contare su una struttura multinazionale e sulla libera circolazione di beni e servizi garantita dal mercato unico europeo, sfruttano le diverse tassazioni e i benefici fiscali previsti da alcuni paesi per ottenere le condizioni più vantaggiose.
Secondo quanto riferiscono delle indiscrezioni pubblicate da Il Messaggero lo strumento utilizzato stavolta sarebbe uno dei decreti attuativi della delega fiscale , che metterebbe mano alla nozione di “stabile organizzazione” in base alla quale – al momento – un’impresa straniera può essere qualificata italiana dal fisco se si dimostra che ha una struttura fisica nel paese (dipendenti, stabilimenti, produttivi, sede ecc.).
Nel nuovo impianto ideato dal governo, per le imprese che fanno “attività dematerializzate” – e quindi per tutte quelle che operano sul Web – si aggiungerebbe il requisito del fatturato: se, in pratica, si supera una certa soglia di fatturato, scatta automaticamente la qualifica di impresa italiana , con il conseguente obbligo di pagare nel paese le imposte dirette o indirette.
Per saperne di più occorre attendere il prossimo 20 febbraio, quando il decreto verrà esaminato dal consiglio dei ministri. Tuttavia, secondo gli esperti del Ministero delle finanze, l’intervento avrebbe il beneficio di non contrastare la normativa europea e sarebbe oltretutto in linea con gli standard internazionali che si stanno elaborando all’OCSE.
Claudio Tamburrino