A comunicarlo è il sigillo della Guardia di Finanza: labaia.net , che consentiva l’accesso a The Pirate Bay a mezzo proxy, è irraggiungibile. Una delle teste italiane dell’idra della Baia è stata tagliata.
Era previsto dall’originaria richiesta del Pubblico Ministero approvata dal GIP di Bergamo nell’agosto 2008, ricordano a Punto Informatico gli avvocati di TPB Giovanni Battista Gallus e Francesco Paolo Micozzi, quando The Pirate Bay era stata per la prima volta tagliata fuori dalla rete italiana. Tutti i “relativi alias e nomi di dominio presenti e futuri, rinvianti al sito medesimo” sarebbero dovuti essere investiti dai provvedimenti inibitori. Era dunque stato imposto ai provider italiani di filtrare a livello DNS numerose variazioni sul tema www.thepiratebay.org , domini che effettuassero il redirect, la cui “libera disponibilità – scriveva il GIP Mascarino – possa aggravare o protrarre le conseguenze delle descritte condotte delittuose”.
Il procedimento , col dipanarsi dei mesi, si è fatto intricato: il ricorso della difesa, la sospensione del provvedimento inibitorio da parte del Tribunale del Riesame, il quale stabiliva che l’inibizione dell’accesso di un sito si potesse ottenere solo in certi casi esplicitamente previsti dalla legge e solo in seguito ad una disposizione del Ministero dell’Interno o dalle amministrazioni statali, e non invece da un Tribunale. La Procura di Bergamo era intervenuta per chiedere il parere della Cassazione, la Suprema Corte ha annullato il dissequestro stabilendo la liceità del procedimento, giustificata da una particolare interpretazione del d.lgs. 70/2003 , con cui l’Italia ha recepito la Direttiva Europea sul commercio elettronico .
Su The Pirate Bay e su una manciata di domini che le facevano da sponda è stato imposto da poche settimane un filtro a livello IP , sono i fornitori di connettività a mettere in atto le disposizioni dell’autorità giudiziaria. Per gli utenti di numerosi ISP il browser non carica la pagina di The Pirate Bay e di siti che permettono di rimbalzarvi e restituisce un timeout: il provider in molti casi filtra, ma non c’è alcun tipo di redirezione su siti che restituiscono informazioni sul provvedimento in corso, né c’è alcun tipo di dirottamento su domini capaci di insospettire i cittadini della rete . Thepiratebay.org non risiede in Italia: il filtro dovrebbe rendere il dominio inaccessibile solo per il traffico che provenga dall’Italia.
Ma labaia.net appare risiedere su un server localizzato nel nostro paese e, a differenza di The Pirate Bay e degli altri domini isolati da filtri IP a favore dei netizen italiani, parrebbe inaccessibile anche rimbalzando attraverso un proxy: è possibile ipotizzare che il provvedimento di sequestro sia avvenuto con il coinvolgimento del servizio di hosting.
I discografici esprimono il proprio plauso: “Soddisfazione di FIMI, la federazione di Confindustria che rappresenta le principali aziende discografiche italiane, per il sequestro del sito labaia.net da parte della Procura e della Guardia di Finanza di Bergamo. Il sito italiano, sul quale campeggia ora il banner della GdF, consentiva – si denuncia in un comunicato – di accedere al portale illegale svedese Pirate Bay in violazione di quanto recentemente disposto dall’autorità giudiziaria italiana che aveva ordinato il blocco di IP e DNS verso il sito svedese a carico di tutti gli ISP”.
Come ricordava nel contesto della Festa dei Pirati l’avvocato Campanelli, difensore della Baia, dalle autorità italiane non è ancora stata formulata alcuna accusa: si è ancora nelle fasi delle indagini preliminari, la violazione del diritto d’autore non è stata contestata nei confronti di alcun cittadino della rete. Il fumus commissi delicti , la probabilità che sia stato commesso reato, continua però ad aleggiare sulla Baia, e si riverbera evidentemente sui siti che alla Baia fanno da sponda.
Gaia Bottà