Le parole di Marattin su Twitter in mattinata avevano semplicemente tirato la volata a quel che stava per accadere: Italia Viva, il nuovo partito lanciato da Matteo Renzi e frutto della scissione dal Partito Democratico, ha lanciato una petizione online contro l’anonimato in Rete.
La rivoluzione digitale poteva (e ancora può) essere una meravigliosa occasione di allargare e rafforzare le nostre democrazie, avvicinando eletti ed elettori, introducendo nuove forme consultazione, semplificando l’accesso alla politica.
“Invece“, continua il testo parafrasando in modo raffinato quel “fogna” con cui Marattin aveva precedentemente francobollato il Web, “purtroppo sta finendo per deteriorare la qualità delle nostre democrazie“. L’iniziativa, esplicitamente firmata dallo stesso Marattin, prosegue con un testo destinato ad attirare gli strali di quanti, dopo anni di battaglie su questi temi, si trova a doversi paradossalmente confrontare con una proposta che torna a far breccia, uguale a sé stessa, un decennio dopo i primi tentativi (firmati a suo tempo – e con simili argomentazioni – da Gabriella Carlucci dell’ex-Popolo delle Libertà).
Sono già diversi, infatti, i casi comprovati di consultazioni elettorali (in primis il referendum sulla Brexit del giugno 2016, ma non solo) che sono risultate profondamente distorte e manipolate dalla diffusione di informazioni false sulla rete.
Anche recenti inchieste giornalistiche hanno dimostrato che in Italia questo rischio c’è, con la creazione e la gestione di account falsi sui social network che drogano la discussione politica sulla rete.Sulla carta stampata viene garantito il (sacrosanto) diritto all’anonimato solo se la redazione conosce la vera identità di chi scrive ed esprime opinioni. Perché la stessa cosa non può essere fatta sul web?
“È il momento di dire basta”, sfoderato nell’ultimo tweet, fa il coro al precedente “È ora di agire”: interventismo e immediatezza come cifra politica, al netto dei contenuti. Dopo la petizione, infatti, è prevista una proposta di legge sulla quale potrà eventualmente confrontarsi l’intero Parlamento.
Se ancora pensate che il web debba essere uno strumento per rafforzare e allargare le nostre democrazie – e non per rovinarle – qui c’è una petizione che vi può interessare. È il momento di dire basta. https://t.co/xDRySXn043
— Luigi Marattin (@marattin) October 29, 2019
Il teorema va anche oltre, introducendo un altro tema caro ad un certo modo di pensare il Web in superficiale analogia con il mondo editoriale: le piattaforme debbono essere direttamente responsabili dei contenuti veicolati:
[…] chiediamo che trasparenza e garanzia della fonte possano valere per tutti quei canali di comunicazione come pagine Facebook ed account Twitter ed Instagram che parlano quotidianamente a milioni di cittadini ma che, a differenza di qualunque altro mezzo di comunicazione tradizionale, non hanno non solo un direttore responsabile, ma spesso neppure un titolare in chiaro.
La richiesta è quella che Marattin aveva già introdotto nei suoi primi tweet: ad ogni account deve corrispondere in modo biunivoco un nome e cognome di persona reale, “eventualmente rintracciabile in caso di violazioni di legge“.
Obiettivo della petizione: 10 mila firmatari. Per poter votare, Italia Viva chiede cognome, nome, cellulare, indirizzo.