Italia Viva contro l'anonimato: solo propaganda?

Italia Viva contro l'anonimato: solo propaganda?

E se i tweet di Luigi Marattin e la petizione di Italia Viva fossero mera mossa elettorale, in cerca di facili consensi tra il popolo del non-Web?
Italia Viva contro l'anonimato: solo propaganda?
E se i tweet di Luigi Marattin e la petizione di Italia Viva fossero mera mossa elettorale, in cerca di facili consensi tra il popolo del non-Web?

I casi sono due: o Luigi Marattin affonda il proprio ragionamento in una profonda incompetenza del digitale, oppure costruisce lo stesso su un’abilissima mossa strategica. I casi sono due, quindi, ed è complesso capire quale sia meno nobile dell’altro. Ma se nel primo caso il giudizio si basa sull’incompetenza, il secondo si basa almeno su un’italica furbizia. A ognuno scegliere il giusto taglio interpretativo. Noi vogliamo dare fiducia a Marattin e ad Italia Viva, optando per la seconda ipotesi: e se fosse quindi tutta solo propaganda?

Insomma: Italia Viva è un partito appena nato, che sta tentando un exploit senza pari rastrellando parlamentari dalle altre forze politiche (PD in primis, per ovvi motivi) e cercando ora anche un posizionamento tale da rimpolpare la massa di elettori (e di follower, perché no). Ragioniamola quindi in quest’ottica: Italia Viva dovrebbe schierarsi da parte del difficile sillogismo per cui combattere l’anonimato online sia cosa da evitare, oppure dovrebbe giocare sulla facile confusione tra fake news, hate speech e anonimato?

In un’ottica puramente utilitaristica in proiezione elettorale: conviene di più difendere la libertà di espressione (soprattutto nelle settimane in cui l’odio online si è manifestato in varie forme, trovando spesso le prime pagine dei giornali), oppure è più facile mostrare la medaglia dell’interventismo e affrontare frontalmente (salvo poi lasciar dimenticata la propria pulsione tra le maglie del confronto parlamentare) bulli e razzisti?

Cercare voti fuori dal Web

I dati parlano chiaro: il 30% degli italiani nemmeno sa cosa sia Internet, mentre gran parte della popolazione non usa Internet se non per qualche email, per i social network o per Netflix. Gran parte del paese, insomma, ha il proprio baricentro spostato sul giornale al bar e il talk show serale in tv: quali argomentazioni possono fare breccia con maggior facilità?

Ecco quindi che una petizione contro l’anonimato online può facilmente essere venduta come una battaglia liberale contro l’anarchia dello pseudonimo, la codardia dell’hate speech e il terrorismo delle fake news: c’è una grande massa di persone disposta a crederci (poiché non conosce). Gente che vota.

In queste occasioni cresce il rammarico per l’insussistenza di quel “popolo di Internet” che in realtà non esiste, concetto aleatorio usato come perifrasi ingenua. Se solo quel popolo esistesse, e se avesse valenza elettorale, le sue istanze potrebbero essere ascoltate. Ma il “popolo di Internet” è in realtà un concetto privo sia di forma che di sostanza e il Web, pur “luogo” e insieme di community, non ha invece un collante tale da farsi forza elettorale. In qualche modo c’è riuscito il Partito Pirata, in altre forme ci ha provato il M5S, ma di fronte a questi slanci non c’è forza che possa opporre coerente resistenza se non gruppi interparlamentari – basati sulle competenze più che sugli ideali – come in passato se ne son visti.

Molte idee e pochi ideali a fattor comune fanno del Web un territorio validissimo per la propaganda, ma scevro di rapporti di appartenenza identitaria: non si appartiene a uno strumento, al massimo lo si usa. Ecco perché il Web è un nemico ideale: è sufficiente puntare il dito in una direzione a caso per essere certi di poter contestare un singolo comportamento, una singola parola, un singolo tweet a rappresentanza di qualsivoglia macrocategoria. Laddove uno vale uno, pochi possono equivalere a “una fogna”.

La proposta di Luigi Marattin con ogni probabilità andrà a spegnersi tra le polemiche, insabbiata in una raccolta firme o tra i fogli di un iter parlamentare entro cui lasciarsi timidamente imbrigliare. Se a monte di questa iniziativa c’è incompetenza, probabilmente ci sarà anche ferma cocciutaggine nel proseguimento dell’iter; se c’è mefistofelico calcolo elettorale, invece, la proposta sarà utilitaristicamente usata soltanto fino al punto entro cui – non dovendosi confrontare con la realtà – sarà utile farne sfoggio. Il tempo dirà la verità, nel frattempo Luigi Marattin ha posizionato sé e Italia Viva in posizione estremamente chiara nei confronti del Web. In attesa che anche gli altri partiti, che al momento tacciono, prendano posizione sfoggiando migliori competenze, peggiori strategie o paritetica superficialità d’approccio.

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Pubblicato il
29 ott 2019
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