Muove i primi passi Italia.it , il portale del turismo italiano, e i tecnici dell’accessibilità lo bollano come fuorilegge, invocando l’annullamento del contratto. Il motivo? Non rispetterebbe i dettati della legge 9.1.2004 n. 4, nota come legge Stanca dal nome dell’allora ministro proponente, Lucio Stanca, e scritta con il fine di “favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”. Ovviamente viene da chiedersi se il compito di discutere di profili giuridici non spetti, appunto, ai giuristi, ma tant’è. Inutile stupirsi: viviamo in un paese di poeti, santi, navigatori e avvocati.
Volendo dare un po’ di ordine alle cose, Webimpossibile ha cercato di fornire un contributo di metodo, al fine di comprendere quali siano le conseguenze giuridiche della sostenuta inaccessibilità del sito. Esercizio utile anche per capire, in concreto, come funziona (o non funziona) la legge Stanca.
La prima domanda è se Italia.it sia soggetto alla legge 4/2004.
Così formulata, la domanda è sbagliata: Italia.it non è un soggetto, ma un oggetto. La domanda dovrebbe essere: Italia.it costituisce un ambito informativo o di servizio cui applicare i requisiti tecnici per l’accessibilità agli strumenti informatici contenuti nel decreto ministeriale 8 luglio 2005?
La seconda domanda è: Innovazione Italia S.p.a. , ossia il soggetto che con IBM Italia S.P.A, ITS S.p.A e Tiscover AG, ha realizzato Italia.it, rientra tra i soggetti che l’articolo 3 della legge Stanca definisce come “erogatori” e quindi tenuti al rispetto della legge?
La risposta non è semplicissima ma, come leggerete, curiosamente negativa . Innovazione Italia S.p.A. non è, infatti, né una pubblica amministrazione né uno di quei soggetti che l’articolo 3 della legge Stanca dichiara comunque obbligati ad inserire nei loro contratti il rispetto dei ventidue requisiti. Se Innovazione Italia S.p.A. non rientra tra i soggetti erogatori secondo la legge Stanca, vi rientra però la Presidenza del Consiglio dei Ministri , cui l’articolo 12, comma 8, della legge 80/2005 affida il compito di provvedere alla realizzazione dell’iniziativa, sia pure “attraverso opportune convenzioni” . E il punto è proprio questo: quali sono e dove sono queste convenzioni?
In esse è contenuto il riferimento ai famosi ventidue requisiti di accessibilità? E i contratti che Innovazione Italia S.p.a. ha stipulato con il raggruppamento di imprese in questione lo prevedono? E ancora: queste “convenzioni” equivalgono ad un contratto secondo la legge Stanca? Se la risposta è sì, la legge si applica, se la risposta è no, la legge non si applica, perchè, come noto, essa opera soltanto in presenza di un contratto.
Insomma: siamo solo all’inizio e un’interrogazione parlamentare sul punto servirebbe a chiarire molte cose.
Una conclusione è certa: per la legge Stanca l’accessibilità dei siti è una conseguenza dell’articolo 4, che stabilisce la nullità dei contratti sottoscritti senza prevedere il rispetto dei requisiti, non una prescrizione diretta.
Tanta fatica per scrivere la legge e tanto impegno per difenderne la chiarezza , quando poi si scopre che la realtà è più complessa della fantasia del legislatore, cui sarebbe bastato dire che ogni erogazione di servizi di pubblico interesse deve essere accessibile, indipendentemente dal veicolo, dal contenitore e dal soggetto.
“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”: l’ammonimento di Amleto appare sempre più attuale, mentre un impegno serio verso l’accessibilità dei testi legislativi appare sempre più impellente.
Lorenzo Spallino
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