Secondo il giudice Dee Lord, della U.S. International Trade Commission (ITC), Fitbit non ha rubato segreti industriali alla rivale nel settore dei dispositivi intelligenti per il fitness Jawbone.
Il caso era stato aperto da quest’ultima nel luglio del 2015: contestava a Fitbit di aver violato sei suoi brevetti e soprattutto di aver adescato suoi dipendenti, che le avrebbero portato in dote dati confidenziali sul business di Jawbone, tra cui piani aziendali, catene di distribuzione e dettagli tecnici.
Mentre due brevetti sono stati ritirati dall’accusa e gli altri quattro invalidati nel corso del processo, e mentre il CEO di Fitbit James Park respingeva in toto le accuse cercando di dipingere il tutto come un tentativo dell’avversaria di “distruggere il momento di Fitbit per compensare la loro stessa mancanza di successo sul mercato”, il procedimento proseguiva dallo scorso maggio concentrandosi sui segreti industriali di Jawbone.
Per quanto siano ancora due piccole aziende, relativamente alle big dell’elettronica di consumo, le due rappresentano due nomi che si stanno facendo notare nel settore in espansione delle tecnologie indossabili: per questo il caso ha attirato l’attenzione della stampa, oltre che per il fatto che le aziende ICT stanno recentemente mostrando parecchio interesse per le cause relative allo storno di dipendenti e al furto di segreti industriali, una particolare forma di proprietà intellettuale caratterizzata – appunto – dalla segretezza e dall’impossibilità conseguente di registrarla come i brevetti. Un’invenzione può essere protetta dal segreto industriale se non viene brevettata, ma anche business plan, liste clienti e altre forme non brevettabili possono godere della medesima tutela e spesso avere un valore maggiore della tecnologia in sé. Inoltre i segreti industriali appaiono particolarmente importanti in un’epoca nella quale le innovazioni sono spesso minimali ed incrementali (e quindi aggirabili e difficilmente difendibili con un brevetto) e gli impiegati del settore Ricerca e Sviluppo sempre più di valore, come dimostrano gli accordi di non concorrenza sul mercato del lavoro delle grandi aziende della Silicon Valley.
Secondo il giudice , tuttavia, non vi sono state violazioni del Tariff Act che permette appunto all’ITC di mettere al bando determinati prodotti d’importazione trovati in violazione di proprietà intellettuale: “Non è stato dimostrato alcun furto di segreto industriale” e per tanto tra Fitbit e Jawbone si conclude con un nulla di fatto. In attesa di vedere se ci saranno ulteriori strascichi in un tribunale ordinario.
Claudio Tamburrino