532,9 milioni di dollari: questo è quanto avrebbe dovuto corrispondere Apple a SmartFlash, entità che non produce e non ha dipendenti, ma si limita a bussare alla porta delle grandi aziende per proporre contratti di licensing per i suoi sette brevetti. iTunes, aveva stabilito a febbraio la corte distrettuale dell’East Texas, ha violato la proprietà intellettuale di quello che Cupertino non ha esitato a descrivere come un patent troll: se resta indiscussa la colpevolezza di Apple, da ridefinire c’è ora l’entità dei danni da pagare.
Smartflash chiedeva danni per 852 milioni di dollari, la giuria del tribunale texano aveva stabilito che Cupertino dovesse corrispondere 532,9 milioni di dollari. A presentare le prove per tracciare la stima dei danni c’era un ex giudice dello stesso tribunale dell’East Texas, foro noto per essere terreno a favore dei detentori dei brevetti, convertitosi alla carriera di avvocato a supporto di Smartflash: venivano citati sondaggi volti a stimare il valore delle tecnologie di Smartflash percepito dai consumatori dei prodotti Apple, calcolando le royalty dovute sulla base del fatturato di Apple per questi prodotti. La giuria sarebbe stata documentata in maniera confusa su un argomento tanto complesso, così da rendere necessaria l’apertura di un nuovo processo, fissato ora dal giudice per il mese di settembre.
La Mela non potrà tentare nuovamente di dimostrare la vaghezza dei titoli detenuti da Smartflash, anche se il giudice che ha riaperto il caso ha riconosciuto che la violazione commessa da Apple non sia stata volontaria: l’avvocato dell’accusa aveva convinto la giuria del fatto che Cupertino avesse reclutato un individuo a conoscenza dei brevetti di Smartflash, ma mancherebbero la prove per dimostrare che le tecnologie integrate in iTunes si fondino sull’illecito trasferimento di idee.
Smartflash, in attesa della nuova stima dei danni, sta gestendo un ulteriore contenzioso aperto contro Apple: sei dei suoi sette brevetti, inclusi quelli impugnati contro iTunes, sarebbero impiegati illecitamente in iPhone 6, iPhone 6 Plus e iPad Air 2. Secondo l’azienda si tratta di titoli che hanno “rivoluzionato la distribuzione, la gestione e l’uso dei media digitali” e sarebbero “diventati la base di standard globali per l’industria”: brevetti tanto fondamentali da fare da perno per cause aperte nei confronti di numerose aziende, quali Google, Amazon, Samsung e HTC, oltre ad Apple.
Gaia Bottà