Jamendo starebbe fallendo. Ed è una rima poco divertente per Laurent Kratz, alla guida della comunità online legata alla distribuzione legale di musica in Creative Commons. È stato lo stesso CEO dell’azienda lussemburghese a confermare una precedente indiscrezione sfuggita su Twitter, con un cinguettio che accennava a fondi non trovati e al conseguente, disperato bisogno di Jamendo di vendere o di fondersi .
Il motivo di questo bisogno urgente è presto detto: il servizio musicale online non è praticamente riuscito a trovare una seconda infusione di investimenti, attesi per la cifra di circa 1,5 milioni di euro . Non è stato dunque trovato un accordo con i finanziatori di Mangrove Capital Partners , gli stessi che nel 2007 avevano sostenuto Jamendo con un primo ciclo di liquidità.
All’epoca Laurent Kratz non riusciva a frenare il suo entusiasmo, in particolare per un modello di business basato sulla distribuzione gratuita dei brani all’utente finale e una quantità sempre crescente di partnership e accordi di licenza. Ora, queste partnership sembrano venire a mancare , facendo vacillare un meccanismo che pure ha fatto molto per la monetizzazione della musica distribuita in Creative Commons.
Per qualcuno , le cattive acque in cui ora si trova a nuotare Jamendo sono dovute alle sue stesse scelte, essendosi posizionata in un segmento difficile per una startup. Dalla sua fondazione – nel 2000 – Jamendo è riuscita sì a raggranellare circa 200mila brani , ma comunque provenienti da artisti non di primo piano, dall’appetibilità piuttosto bassa per un pubblico mainstream. Kratz si è mostrato ottimista: uno sconosciuto acquirente si sarebbe presentato alla porta della comunità online della creatività musicale condivisa.
Mauro Vecchio