La proposta di modifica dell’Articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori sembra essere la rivoluzione delle rivoluzioni. Negli ultimi giorni è stato pubblicato di tutto e di più, ma forse si sta ignorando quello che realmente sta succedendo.
Intanto bisogna precisare che tutto il caos intorno al tema “controllo a distanza” ha natura momentanea e non definitiva, e nasce dalla Relazione Illustrativa del Decreto Attuativo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 giugno e trasmesso alle commissioni competenti che dovranno esprimere entro il 16 luglio il loro parere non vincolante: dopodiché tutto tornerà dinanzi al Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva. Occorre precisare quindi che al momento ancora non abbiamo una modifica definitiva dell’Articolo 4, e se la tempesta è già sorta in seno alla fase propositiva posso solo immaginare cosa potrà accadere nel caso il testo divenga definitivo.
Intanto vediamo cosa prevede attualmente l’articolo 4:
“È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” (c. 1°)
“Gli impianti e le apparecchiatura di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali (…) In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti” (c. 2°)Chiaramente dobbiamo prendere atto che stiamo parlando di un testo normativo scritto 45 anni fa, in tempi in cui tecnologicamente potevamo parlare di controllo a distanza con riferimento alla videosorveglianza e non certo con riferimento a strumenti con alto potenziale per datore di lavoro e dipendente, in uso oggi con lo sviluppo tecnologico raggiunto.
Quindi possiamo parlare davvero di una rivoluzione dal punto di vista del controllo del lavoratore, ed addirittura di involuzione, termine da molti utilizzato con riferimento a questa proposta? In realtà negli ultimi anni abbiamo assistito al consolidarsi di un orientamento ben lontano dall’applicare l’Articolo 4 all’adozione di dispositivi tecnologici: orientamento pratico, intendo. In sostanza: molte aziende nemmeno sapevano o capivano di doverlo applicare.
Oggettivamente, possiamo pensare oggi che un’azienda ricorra all’ispettorato del lavoro o all’accordo sindacale per monitorare le connessioni ricorrendo peraltro l’obbligo del datore di lavoro di monitorare e verificare l’impiego delle proprie risorse rispetto agli operatori della cui attività è responsabile?
Quanti stanno leggendo l’articolo e stanno pensando come un semplice firewall può raccogliere tranquillamente tutta una serie di tipologie di dati di accesso in totale violazione di quella che vorremmo considerare la norma applicabile a tutela del lavoratore? È anacronistico pensare che l’Articolo 4 sia adeguato alla realtà tecnologica oggi sussistente nelle aziende.
Pensiamo al grande tema della Internet of Things: spesso i dati vengono raccolti collegati ad una persona fisica ma inseriti in un contesto di ottimizzazione dei processi aziendali che costituiscono competitività e contribuiscono a creare nuovi modelli di business.
Quante aziende oggi affrontano il tema del controllo a distanza con mezzi tecnologici nell’ambito dell’automazione, della logistica, della grande distribuzione nonché nel settore sanitario rinunciando al rispetto dell’Articolo 4 con dipendenti peraltro spesso concordi, pur di evitare quell’incredibile dispendio di energie e tempistiche che altro non è che un gravame assolutamente non allineato con l’evoluzione tecnologica? Dal punto di vista squisitamente normativo qui non si tratta di dover mantenere in vita una disposizione normativa che ha superato i quarant’anni: qui si tratta di tenere in vita degli interessi che possono essere comunque tutelati con altri strumenti che non blocchino lo sviluppo tecnologico delle aziende italiane nel mondo, che bilancino gli obiettivi delle parti sociali, e che si sviluppino con l’avanzare degli strumenti tecnologici senza temerli né ignorarli.
Personalmente potrei anche essere contraria alla soluzione palesata dal legislatore, ovvero quella di garantire la tutela dei diritti degli interessati solo tramite l’applicazione della normativa privacy. La trasparenza potrebbe non essere l’unica garanzia da prestare. Ma sicuramente è inutile mantenere le aziende ed i dipendenti ancorati ad una disposizione di per sé tristemente vecchia, concepita come un motivo di rallentamento dei ritmi evolutivi dell’azienda, non solo da datori di lavoro ma dai dipendenti stessi.
Si pensi quanto nel settore ICT sia sempre più frequente il ricorso a sistemi biometrici per accedere alle web farm: spesso, anzi, sono proprio gli operatori che richiedono l’adozione del sistema per monitorare gli accessi ed evitare intrusioni che potrebbero pregiudicare anche la loro posizione giuridica.
Tutto questo va considerato e deve confluire in scelte legislative consapevoli del panorama economico esistente, della maturità dei datori di lavoro nel rapporto con i propri dipendenti, della necessità di ottimizzare il ricorso alle tecnologie in modo da inserirsi in un mercato globale che ha delle aspettative e ci impone un ritmo di avanzamento imprescindibile, che passa anche attraverso il ricorso a mezzi tecnologici forse più invadenti ma anche in grado di sgravare gli operatori (si pensi alla geolocalizzazione applicata all’ottimizzazione delle risorse sul territorio).
Occorre dare un’occhiata a quello che succede oltre i nostri confini, dove comunque il ricorso agli strumenti tecnologici di controllo è ammesso purché non vi sia un abuso nei confronti del dipendente, esattamente quello che dobbiamo pretendere nel nostro paese senza sconfinare in inutili rivendicazioni ricche di storia ma poco realistiche. Se passerà la riforma, le aziende dovranno adottare i dispositivi tenendo presente una parola d’ordine: TRASPARENZA.
Avv. Valentina Frediani
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