“Io sono stato fortunato. Ma, solo lo scorso anno, 400 altri californiani sono morti aspettando. Come sarei potuto morire io”. È il racconto di Steve Jobs, che per la prima volta ritorna pubblicamente sul trapianto di fegato che gli ha salvato la vita lo scorso anno, e sulle deficienze del sistema di gestione della donazione di organi.
L’occasione che ha permesso a Jobs di tornare sull’argomento è l’annuncio del primo registro californiano dei donatori di organi: una novità che dovrebbe permettere di razionalizzare il sistema di scelta dello status di “donatori”, attualmente – dice Jobs – “un processo oscuro”, in cui nessuno fa la fatidica domanda “vuoi essere un donatore?”. Con i nuovi meccanismi, che rendono la scelta obbligatoria , l’obiettivo dello stato è dare maggiore speranza a 21mila cittadini della California in attesa di un organo.
Jobs, offertosi come testimonial dell’iniziativa, nel suo discorso ha tentato di spronare i suoi concittadini alla donazione: nel suo caso, le sue disponibilità finanziare gli hanno offerto la possibilità di andare in Tennessee per trovare un ospedale che garantisse maggiori possibilità di ottenere un organo compatibile con la sua situazione. Ma per i comuni mortali che non possono far altro che attendere a casa una telefonata che gli salvi la vita è necessario e fondamentale che altri californiani accettino di aderire al programma nel caso qualcosa gli andasse storto.
Lo stesso governatore della Califronia Arnold Schwarzenegger ha riconosciuto il ruolo svolto dal CEO di Apple nella campagna di sensibilizzazione sull’argomento.
Claudio Tamburrino