Artista di rottura lo è sempre stato, Neil Young, e in un certo senso continua a esserlo a 76 anni suonati: primo a schierarsi apertamente contro Spotify per la nota vicenda legata al podcast di Joe Rogan, non sarà l’unico. Anche la connazionale Joni Mitchell ha scelto di mandare un segnale forte, chiedendo l’esclusione della propria produzione dalla piattaforma.
Spotify perde anche la musica di Joni Mitchell
Lo ha fatto con un breve comunicato condiviso sulle pagine del proprio sito ufficiale e intitolato Io sto con Neil Young!
Lo riportiamo di seguito in forma tradotta: di fatto, prende le distanze dalla posizione assunta del colosso dello streaming.
Ho deciso di rimuovere tutta la mia musica da Spotify. Persone irresponsabili stanno diffondendo bugie che costano la vita alle persone. Manifesto la mia solidarietà a Neil Young e alla comunità medica e scientifica globale.
Quelle etichettate come bugie sono le teorie No Vax a cui il noto podcaster ha dato spazio durante le proprie trasmissioni. Il messaggio si chiude con un link a una lettera aperta condivisa dalla stessa artista e già sottoscritta da centinaia di medici.
Nel momento in cui viene scritto e pubblicato questo articolo, gran parte della discografia della cantautrice è essere già scomparsa dagli archivi di Spotify.
Di lì a poco, il servizio ha annunciato l’introduzione di nuove regole, sostanzialmente rimbalzando la responsabilità dei contenuti trasmessi nei podcast ai loro autori e aggiungendo un avviso a quelli che trattano il tema COVID-19.
Classe 1943, Joni Mitchell è stata ammessa nel 1997 alla Rock and Roll Hall of Fame. Il primo album in studio Song to a Seagull risale al 1968, l’ultimo Shine al 2007. Ne ha pubblicati 19 in totale, ai quali si aggiungono quelli live e le raccolte. Da oggi, per ascoltarli in streaming, è necessario puntare verso Apple Music, YouTube Music o altre piattaforme.