JPMorgan ha depositato una denuncia contro Tesla in quello che sembra essere uno scontro che va anche oltre la (pur cospicua) cifra in ballo. Lo scontro è infatti relativo a quella che l’accuse definisce come una “flagrante” violazione di contratto tra le parti, con JPMorgan che reclama dalla controparte una cifra pari a poco più di 162 milioni di dollari.
JPMorgan vs Tesla
Lo scontro nasce su un accordo siglato nel 2014 tra le parti, quando JPMorgan concluse l’accordo per l’acquisto di warrant con cui Tesla avrebbe finanziato i lavori della propria Gigafactory. I termini del contratto prevedevano opzioni di acquisto con cifre e tempistiche pattuite, in quello che secondo JPMorgan era un accordo estremamente chiaro. Con Elon Musk si gioca però sempre sull’imprevedibilità e le mosse del CEO hanno cambiato a più riprese le carte in tavola: dapprima con una serie di tweet si ipotizzava il ritorno al capitale privato per il gruppo (con conseguente riduzione della quota in capo a JPMorgan), infine l’ipotesi viene fatta tramontare (e anche JPMorgan torna quindi sui propri passi).
La scadenza è stata nell’estate del 2021 ed a questo punto la banca d’affari passa all’incasso, ottenendo però meno di quanto atteso: Tesla non ha riconosciuto parte della cifra e ora la quota sarà discussa in tribunale con JPMorgan estremamente risoluta nel pretendere l’ammanco. Al cospetto dei capitali dei due brand in ballo, è chiaro come tra le parti ci sia di più di una semplice discussione sui termini finanziari dell’operazione: v’è più che altro una frattura nei rapporti che sarà discussa in Aula.
Una vicenda complessa e di natura prettamente finanziaria? Il gruppo di Musk opera in borsa da tempo sul filo della tensione, con un alto numero di “shortisti” pronti a monetizzare qualsiasi incrinatura possa emergere nella creatura di Musk. I colpi di coda del fondatore, che solo pochi giorni fa ha venduto azioni proprie sulla base di un semplice sondaggio su Twitter, rendono la situazione sempre poco intelleggibile e anche in questo caso quelli che sembravano tweet “pazzi” del 2019 erano invece legati ad una situazione che sarebbe andata a deflagrare soltanto due anni più tardi.