Kaspersky è un marchio storico della sicurezza informatica e antivirale, un marchio da sempre sinonimo di garanzia quando si tratta di lasciare i virus (allora) e i malware (oggi) fuori dalla porta. Ma Kaspersky è apparentemente anche un po’ sfortunata quando si tratta di finire vittima delle scorribande di hacker e specialisti del dafacement dei siti web , tornati a colpire nei giorni scorsi prendendo di mira il database online del dominio usa.kaspersky.com .
L’attacco, a opera di tale “unu”, è una classica compromissione di tipo SQL injection , definita tra l’altro particolarmente facile da portare a segno: “Basta alterare uno dei parametri” da passare all’URL composito, scrive unu su HackersBlog , “per avere accesso a TUTTO: utenti, attivazioni, codici, lista dei bug, admin, e-store, eccetera”.
Si sarebbe insomma trattato di una falla critica, confermano gli esperti , potenzialmente capace di portare al “dump” dell’intero contenuto delle tabelle del database con tanto di informazioni sensibili sulla vasta base di utenza di Kaspersky nel Nordamerica, dei codici di attivazione e di tutto il resto: informazioni potenzialmente utilizzabili per mettere a repentaglio la sicurezza degli internauti oppure mettere in circolazione nell’underground telematico un gran numero di chiavi di attivazione per i software di sicurezza sviluppati dalla società russa.
Finito l’attacco informatico, attorno al marchio Kaspersky è iniziato quello dei media: il sito Zone-h’s archive conta ben 36 compromissioni del network internazionale di Kaspersky dal 2000 a oggi. Nel caso in oggetto, la risposta della security enterprise russa si è fatta attendere 24 ore , concretizzandosi alla fine in uno stringato comunicato teso a minimizzare l’accaduto parlando di una pronta reazione del team anti-hacking nell’arco di mezz’ora dalla “scoperta” della falla.
Il cracker L’hacker unu propone invece una versione diversa: stando a quato sostiene, il suo “outing” sull’esistenza del problema é seguito al tentativo, infruttuoso, di contattare direttamente Kaspersky . La vulnerabilità da SQL injection ha riposato giorni prima che qualcuno ci mettesse le mani sopra, e in tal senso solo l’etica hacker da “full disclosure” di unu avrebbe evitato che le informazioni compromesse finissero nelle mani di malintenzionati e cyber-criminali.
Alfonso Maruccia